mercoledì 29 aprile 2009

Arterie, inventate le protesi che si sciolgono dopo l'uso

Studiosi neozelandesi inventano un metodo per riparare le coronarie danneggiate senza interventi invasivi e sfruttando materiali biodegradabili. Si tratta di piccole mollette che, inserite con un catetere a livello inguinale, raggiungono l’arteria malata ripristinando il normale flusso sanguigno: dopo aver compiuto il loro dovere, nel giro di un paio d’anni, vengono infine riassorbite dall’organismo, senza lasciare traccia. È una sorta di angioplastica, dove anziché impiegare i tradizionali stent meccanici, si adoperano mollette che col tempo spariscono. Oggi, con l’angioplastica, si arriva dove solo un intervento a cuore aperto riesce ad arrivare: si utilizzano delle mollette metalliche che, divaricando la coronaria malata, liberano il lume arterioso dai grassi di troppo, tenendo lontane malattie come l’angina e l’infarto. Tuttavia c’è chi dice che queste mollette metalliche (in gergo medico stent) possono provocare qualche inconveniente, a partire dal fatto che si tratta pur sempre di corpi estranei che permangono ininterrottamente nel nostro organismo: e che peraltro rendono più difficoltose diagnosi tramite tac e risonanza magnetica. Dunque è proprio partendo da questi presupposti che un medico neozelandese dell’Auckland City Hospital, John Ormiston, ha sviluppato delle mollette di nuova generazione dotate di una prerogativa unica: quella di sciogliersi dopo due o tre anni dal loro impianto. Il riferimento è a stent realizzati in acido polilattico, materiale assolutamente assorbibile dall’organismo e utilizzato di solito nell’ambito della chirurgia estetica: l’acido polilattico é particolarmente indicato per “riempire” e rassodare la zona delle guance, ma può essere anche impiegato nella correzione delle rughe naso-labiali e di quelle agli angoli della bocca. Per ora sono stati efficacemente trattati 30 pazienti: “Tutti i malati stanno bene e non ci sono stati effetti collaterali di nessun genere – ha detto Ormiston alla Bbc. I dati ufficiali relativi all’impresa dello studioso neozelandese saranno comunque disponibili a tutti da marzo in poi. Martin Cowie, cardiologo presso il National Heart and Lung Institute di Londra, dice che la proposta di Ormiston è eccellente, ma che ci vogliono ancora molti studi prima di poterla valutare su larga scala. Anche gli esperti della British Heart Foundation sono dello stesso parere. In particolare Jeremy Pearson afferma che “non è ancora chiaro come uno stent biodegradabile possa davvero essere efficace sul lungo e medio termine”. L’angioplastica è una pratica medica molto comune anche in Italia. Le stime parlano di 14 mila infartuati, su un totale di 80 mila casi annui, che vengono sottoposti ad angioplastica, ponendo il nostro Paese al secondo posto in Europa, dopo la Francia, per procedure di intervento.


(Pubblicato su Libero il 18 febbraio 07)

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