Lo stress è ormai diventato un luogo comune. Tutti siamo stressati: i ritmi frenetici della vita quotidiana ci rendono inevitabilmente nervosi, ansiosi, stanchi cronici. In realtà - da una recente ricerca effettuata dagli esperti del The Children's Hospital of Philadelphia - scopriamo che lo stress è soprattutto "femmina", nel senso che colpisce in modo decisamente più aggressivo le appartenenti al gentil sesso. Come mai? Secondo gli scienziati è per via di un ormone ipotalamico - riconosciuto con l'acronimo Crh - corrispondente al fattore di rilascio della corticotropina. Questa sostanza renderebbe le donne più suscettibili allo stress in una percentuale del 50% superiore ai maschi. I test sono stati condotti sui topi. Si è visto che - gli animali costretti a sessioni di nuoto forzato - non reagiscono tutti allo stesso modo allo stress: nel sesso femminile il cervello è più sensibile ai livelli del fattore di librazione della corticotropina. Secondo gli esperti la stessa cosa accade anche nell'uomo, pertanto le donne sono più soggette a patologie depressive e ansiogene.
La ricerca in realtà contraddice le conclusioni di uno studio condotto qualche settimana fa da esperti del Connors Center for Women's Health and Gender Biology del Brigham and Woman's Hospital di Boston. In questo caso gli scienziati rivelano che le donne nel tempo hanno migliorato la loro capacità di resistere allo stress, al contrario dell'uomo che non ha variato le sue risposte agli stimoli esterni. Si è visto che in caso di tensione gli uomini subiscono prima delle donne crisi di panico e ansia. A questi risultati i ricercatori sono giunti lavorando con la risonanza magnetica che ha consentito di monitorare le attività cerebrali nei due sessi sottoposti a stimoli stressanti. Alla fine s'è visto che le donne reagiscono allo stress come gli uomini solo nel periodo mestruale, mentre durante gli altri periodi del mese sono più resistenti. Le stime dicono che lo stress è spesso conseguenza di una condizione lavorativa non soddisfacente. Il 41% dei lavoratori italiani è vittima di questo problema, in percentuale quindi più alta, rispetto ad altre nazioni come Germania (25%) e Francia (24%).
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