mercoledì 7 aprile 2010

LA DEPRESSIONE E' UN'INVENZIONE?

Era come se la mia testa non fosse mia, ma di qualcun altro, come se fossi continuamente altrove. Non ero soddisfatto della mia vita e del calcio, cioè del mio lavoro. Mi tremavano le gambe all'improvviso. Un periodo davvero cupo". Gigi Buffon, numero uno della Juventus e della nazionale, racconta così l'esperienza della depressione. Non è solo, nella schiera dei vip che hanno conosciuto il 'male oscuro', il buio della vita, quel senso cupo di inadeguatezza: potrebbero dire la loro Raoul Bova, Elenoire Casalegno (nella foto), Aida Yespica… Ma oggi c'è chi solleva una voce contro. Straconvinto che il cosiddetto 'male oscuro', in realtà, altro non sia che un'invenzione. Una creazione dei media e delle case farmaceutiche. Chi la pensa così è Gary Greenberg, psicoterapeuta di 52 anni del Connecticut (Stati Uniti): ha dato alle stampe il libro "Manufacturing Depression. The secret history of a modern disease". In pratica per lo specialista americano la depressione non esiste. E quindi che senso hanno i farmaci per curarla, 10miliardi di dollari l'anno di fatturato solo negli Stati Uniti? Greenberg è approdato a queste conclusioni dopo aver curato per 26 anni pazienti caratterizzati da disordini mentali, aver sofferto lui stesso del 'male oscuro', ed essersi sottoposto in prima persona a test per accertare la validità di particolari farmaci. Lo scienziato accusa gli psichiatri dicendo che, da almeno cinquant'anni, vendono "menzogne". Come questa: "La depressione è una patologia causata da uno squilibrio biochimico del cervello trattabile efficacemente con farmaci come il Prozac". "Non è vero o, meglio, è vero solo in parte", sentenzia Greenberg. "In questo modo s'illudono le persone dell'esistenza di una pillola magica in grado di far sparire dolore e sofferenza, mentre tutti sappiamo che non è così". Lo psicoterapeuta del Connecticut non esclude che ci siano pazienti realmente vittime di squilibri biochimici, tuttavia è convinto che la maggior parte dei depressi, siano solo delle persone che "per colpa dell'azione dei media, si sentono infelici perché credono che esistano individui più felici di loro". I dati, in ogni caso, parlano chiaro. Negli ultimi decenni l'impiego di medicinali per combattere i disturbi dell'umore è cresciuto vertiginosamente. Nel 1987 quando il Prozac e altri SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sono stati immessi sul mercato, 'solo' il 44,6% degli adulti trattati per depressione assumeva medicinali. Un decennio più tardi si è arrivati al 79,4%. Oggigiorno la percentuale rasenta il 100%, tanto che per molti specialisti moderni risulta impensabile curare la depressione senza 'pillole della felicità'. Per quanto riguarda l'Italia, il consumo di psicofarmaci ha subito un'impennata soprattutto negli anni Ottanta (+ 65,9% fra il '75 e il '91). Secondo Greenberg gli psicofarmaci si utilizzano a sproposito perché siamo abituati a male interpretare il significato della depressione. Quest'ultima viene, infatti, percepita come un 'male' a tutti gli effetti, da debellare, quindi, con delle medicine, come se fosse il diabete o il sintomo di un agente virale. Invece si dovrebbe cominciare a vederla come una specie di 'rinascita', necessaria per progredire e maturare a livello psicologico. "È sbagliato assimilare le persone a meri meccanismi biologici", sottolinea Greenberg. Bisognerebbe, aggiunge, ritornare a vivere la sofferenza umana come si faceva un tempo, quando la quotidianità, a causa dell'alta mortalità e della mancanza di agi, veniva accettata per quella che era, una 'valle di lacrime' a tutti gli effetti. D'accordo con la tesi di Greenberg è Elio Frattaroli, psichiatra della Pennsylvania e autore del libro "Healing the Soul in the Age of the Brain". "La nostra cultura ha un atteggiamento errato nei confronti dei disturbi dell'umore", rivela lo scienziato statunitense. "Dobbiamo iniziare a interpretare le emozioni dolorose come un processo di guarigione dell'anima". Un processo naturale, quindi, nel quale i farmaci non sono contemplati. Naturalmente non tutti la vedono così. Anzi. La maggior parte degli scienziati ritiene doveroso prendere con le pinze le affermazioni di Greenberg. Giovanni Battista Cassano dell'Università di Pisa, per esempio, è convinto del fatto che la depressione possa essere debellata efficacemente coi farmaci, ma anche con la psicoterapia: "Non c'è dubbio che in questi ultimi anni ci sia stata una prescrizione impropria ed eccessiva degli antidepressivi", spiega al nostro settimanale Cassano. "L'orientamento attuale, però, è quello di migliorare le prescrizioni senza crociate, né contro né a favore. Non tutte le forme depressive rispondono ai trattamenti farmacologici e il problema innanzitutto è quello della diagnosi. La depressione, come malattia del cervello, è una sofferenza e basta, e come altre malattie può essere curata con il farmaco e con la psicoterapia". Più radicale l'opinione di Peter Kramer, psichiatra di formazione freudiana, recentemente convertitosi alla terapia farmacologica, e autore del bestseller "Listening to Prozac". Lo studioso esalta le qualità degli psicofarmaci, partendo dal presupposto che la depressione è una malattia a tutti gli effetti che colpisce il cervello: "Certo, ci sono delle cause esterne che possono innescare la malattia, ma ci sono prove schiaccianti che la depressione ha una causa biochimica". Per capire infine la validità o meno degli psicofarmaci è utile considerare uno studio effettuato recentemente da Irving Kirsch della Hull University. Lo scienziato ha analizzato 47 trial clinici in cui l'effetto di medicinali come il Prozac veniva messo a confronto con 'innocue' pillole zuccherate. Alla fine si è visto che per i casi lievi di depressione l'effetto dei farmaci e del placebo sono pressoché identici, mentre i medicinali danno dei risultati solo nei casi più gravi. È la prova che oggi si tende a somministrare sempre e comunque psicofarmaci, quando in realtà in molti casi una passeggiata in campagna con un amico, potrebbe fare meglio di qualunque medicina. In ogni caso è bene che, i pazienti sottoposti (in questo momento) a trattamento farmacologico per disturbi della sfera affettiva, continuino a seguire le terapie assegnate dal proprio medico, indipendentemente da chi è contrario a questo tipo d'intervento.

Intervista a Marco Menchetti, professore di psichiatria dell'Università di Bologna

Come possiamo definire in due parole la depressione?
La depressione è una malattia caratterizzata dalla presenza di sintomi come umore depresso, diminuzione d'interesse verso tutte le attività, inappetenza, disturbi del sonno, mancanza di energie, sentimenti di colpa, diminuzione della capacità di pensare o concentrarsi, rallentamento psicomotorio.

Quanti di questi sintomi devono essere presenti per poter parlare di depressione?
Almeno cinque devono essere presenti in maniera continuativa, per almeno due settimane e causare una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo, scolastico o di altre aree importanti.

Esistono però varie forme di depressione…
Certamente. Nelle forme lievi di depressione il paziente presenta cinque o sei fra i sintomi citati e la qualità della vita è solo parzialmente compromessa. Nelle forme gravi, invece, il paziente presenta tutti i sintomi, e una compromissione importante del funzionamento sociale e lavorativo.

La depressione può essere confusa con la tristezza?
La depressione non deve essere confusa con sentimenti di tristezza legati naturalmente agli eventi "no" della vita. In questo caso, infatti, il disagio è spesso fluttuante o di breve durata e si risolve rapidamente qualora sia possibile rimuovere la situazione negativa.

Come possiamo, dunque, distinguere una forma depressiva da un periodo di tristezza 'fisiologico'?
La depressione colpisce, lo ribadiamo, con sintomi specifici, che spingono la persona a perdere interesse verso molte attività, a pensare o a concentrarsi con difficoltà… La qualità tutta della vita subisce un duro contraccolpo. La durata del disagio è maggiore rispetto a un 'normale' periodo di tristezza. E non si risolve facilmente, anche se l'evento stressante si esaurisce.

(Servizio pubblicato sul n°14 di OGGI)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Chi sostiene che la depressione è un'invenzione è semplicemente un pozzo d'ignoranza senza fondo.

Anonimo ha detto...

La depressione non esiste, esiste solo la persona infelice e insoddisfatta della propria vita. Vi siete mai chiesti come mai non colpisce le persone felici e soddisfatte della propria vita?