martedì 27 luglio 2010

Un milanese a spasso per le alte vie della Valtournanche

Un piccolo strappo alla regola. Oggi, anziché riportare qualche notizia, posto questo raccontino, uscito originariamente per Milanoweb. Prima di essere un giornalista scientifico, infatti, sono un naturalista, un puro e semplice contemplatore della flora e la fauna di ogni paese e città. In questi giorni sto peraltro leggendo "Le mappe dei miei sogni" (Mondadori), ritrovando - nel dodicenne protagonista - me stesso quand'ero piccino, sempre a caccia di nuove piante, insetti, o minerali da classificare...


Ho visto per la prima volta il Cervino sul finire degli anni '80: ero con i miei genitori, mio fratello e qualche amico di scuola. Fu il CAI (Club Alpino Italiano) del mio paese a organizzare l'escursione a Zermatt, località alle pendici della Grande Becca, sul versante Svizzero. La "piramide" del Cervino mi lasciò di stucco: non capivo come potesse essere così ben disegnata, e come dei temerari potessero addirittura aver raggiunto la sua cima. La mia seconda occasione l'ho avuta ieri, con mia moglie e le mie due piccole, in visita a Cervinia, per un week-end. E ancora una volta sono rimasto basito davanti alla sua maestosità. Domenica. Mattina presto. Mentre la mia "truppa" si gode ancora un buon sonno ristoratore, dopo una serata passata a far baldoria, io parto per il Colle del Breuil, cima di 3.325 metri, proprio sotto lo "sguardo" severo del Matterhorn: è un modo per riviverlo in prima persona (cosa che quand'ero piccino non ho potuto fare) e per dare un po’ sfogo alla mia passione per la natura alpestre. Il primo tratto è tranquillo. Supero una chiesetta e una seggiovia. Poi comincio a inerpicarmi per andare a vedere da vicino una cascata. Il cielo è blu, l'aria frizzante, brilla il sole. Mi soffermo sulla straordinaria varietà di specie vegetali. Perché da noi non è così? Riconosco i fiori di arnica, non ti scordar di me (in gran quantità), genzianella, campanula, achillea, silene, piantaggine. E la famosa Carlina delle Alpi. Spinosa come sempre, m'induce a riflettere sul significato evolutivo delle sue spine: a cosa le serviranno? A cosa possono servire delle spine a una pianta che cresce a quote dove praticamente non sussistono predatori? Ancora l'evoluzione darwiniana stuzzica il mio pensiero, mentre odo il fischio acuto delle marmotte. Qui, però, è tutto molto più chiaro. Solo in questo modo, infatti, simili animali riescono a comunicare fra loro in modo efficace, in un ambiente ostile come quello d'alta montagna. Mi sdraio per osservare le loro tane: sono molto profonde. Ho letto che possono avere vari ingressi e arrivare fino a 20 metri di lunghezza. Se così non fosse, difficilmente potrebbero superare i rigori invernali. Le marmotte vanno, infatti, in letargo. Con la cattiva stagione la loro temperatura corporea scende da 35 a 5 gradi centigradi, e il cuore rallenta da 130 a 15 battiti al minuto. Riprendo il cammino. Nel giro di un paio d'ore raggiungo il Rifugio Lo Riondet, ex Duca D'Abruzzi, a 2.802 metri. Nei paraggi non c'è nessuno. Il rifugio sembra disabitato. Le porte sono chiuse. Sbircio dalle finestre ma non vedo un'anima viva. Proseguo quindi nella mia escursione, seguendo il sentiero 35, prima di cominciare la salita vera e propria verso il Colle del Breuil. C'è un piccolo camminatoio che mal disegna il crinale di una collinetta morenica. Decido di seguirlo. Il vento prende a soffiare con insospettato vigore. In varie occasioni sbando e rischio di cadere. Supero i 3.000 metri di quota, ma dopo una mezz'oretta di pietraia, mi rendo conto di aver clamorosamente sbagliato strada. Come se non bastasse, non c'è in giro "mezzo" alpinista, e la temperatura sta drasticamente calando, rattrappendomi mani, guance e orecchie. In compenso, posso osservare da una posizione privilegiata la silhouette del Cervino: 4.478 metri di ortogneiss, roccia metamorfica, "figlia" di collisioni fra la placca europea e quella africana, avvenute 100 milioni di anni fa. È uno spettacolo. Prima di partire mi sono documentato. La montagna è stata "vinta" per la prima volta il 14 Luglio 1865, dalla spedizione di Edward Whymper. Altre ascensioni leggendarie sono state quella di Walter Bonatti (prima salita invernale della parete Nord, in solitaria) nel 1965, e quella di Hans Kammerlander (salita delle 4 creste del Cervino in 24 ore) nel 1992. Nonostante le condizioni atmosferiche avverse, insisto e raggiungo la cima della morena, dove il vento è paurosamente più forte (e freddo). Adesso, però, ho un quadro un po’ più preciso della mia marcia: tra me e il sentiero che dovrei prendere c'è un vallone di pietre raggiungibile solo attraverso un pendio ripidissimo. Ho 2 alternative: o torno indietro o rischio. Rischio, cercando si tenere la situazione, comunque, sotto controllo. Scendo così il pendio morenico praticamente col sedere, cercando di smuovere meno pietre possibili, e di non sbilanciarmi troppo. Alla fine l'ho vinta e riesco a riguadagnare la rotta maestra. Al Colle del Breuil mancano solo 150 metri di dislivello, ma mi rendo conto che ormai ho le "batterie" completamente scariche, i muscoli delle gambe a pezzi, è già mezzogiorno, i miei mi aspettano. In più, ci sarebbe un nevaio da attraversare e non ho l'attrezzatura idonea. A malincuore mi tocca fare dietrofront. Riprendo il sentiero 35 e comincio la discesa verso Plan Maison, rimirando con la Grande Becca, il Monte Dragone, il Corno del Teodulo e il Furggen. Lungo il rientro focalizzo la mia attenzione sulle nevi perenni: tutto qui? Con le incredibili precipitazioni che ci sono state fino a 2 mesi fa, mi sarei aspettato distese glaciali molto più ampie. E invece, ecco la prova che l'effetto serra sta realmente condizionando il clima globale: non basta infatti un inverno particolarmente freddo (come l'ultimo che abbiamo avuto) per dire che il surriscaldamento globale non esiste, occorrerebbero anche estati molto più fresche che - di fatto - da decenni non si hanno più. In un paio d'ore sono a "casa": su un plaid rosa, in mezzo a un prato, c'è una piccoletta di nemmeno 2 anni che batte le mani, felice di poter riabbracciare il suo papà.

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