Nato come ente finalizzato alla scoperta di nuovi farmaci coi quali combattere la malaria, ora il suo scopo è quello di osservare le popolazioni indigene e gli animali per vedere se è possibile imparare da loro a curarsi. Il riferimento è al Ritam (Research Iniziative on Tradizional Methods) gruppo nato recentemente dalla collaborazione tra l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) e l’Università di Oxford. Gli scienziati hanno, per esempio, concentrato le loro attenzioni sui Dinka (nella foto), africani del Botswana, che si curano con cortecce, radici, foglie. Sui Murut del Borneo e molti gruppi etnici che vivono alle pendici delle Ande. Le ricerche sono già a buon punto. È emerso che piante come l’ooloodwa (Embelia schimperi), utilizzata da popolazioni della Tanzania, sono efficaci contro la malaria. Una pomata ricavata dalle foglie dell’Eupatorium odoratum, vegetale che cresce in Estremo oriente, ha invece poteri antiossidanti, guarisce le ferite e le ustioni. Ma non solo dagli uomini che vivono ancora allo stato tribale si può pensare di ricavare insegnamenti per lo sviluppo di nuove medicine e condotte terapeutiche. Si è infatti osservato che anche molti animali ne sanno più di noi in fatto di proprietà medicamentose offerte da madre natura. I porcospini che soffrono di dissenteria, per esempio, si curano egregiamente con le radici di una pianta chiamata mulengelale. Mentre gli scimpanzé hanno imparato a sfruttare le proprietà di due specie vegetali che potrebbero tornare molto utile anche all'uomo: l’Aspilia mossabicensis e la Vernonia amygdalina.
Per info: www.giftsofhealth.org/ritam/
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