lunedì 4 gennaio 2010

Infarti, ictus e tumori. Rischia di più chi vive in periferia

I milanesi del centro vivono meglio e di più di quelli della periferia. Sono le conclusioni di uno studio effettuato dall'Asl del capoluogo lombardo. Gli esperti hanno visto che i cittadini che dimorano in zone centrali, o aree come San Siro, sono più longevi di chi abita le aree più periferiche come viale Monza e Lambrate. Ma qual è il motivo di questa differenza? Secondo i ricercatori il fenomeno è il risultato dei diversi redditi percepiti dai milanesi, che variano in base alla zona abitata. Gli scienziati hanno suddiviso Milano in 180 zone e il reddito in 5 fasce. In questo modo è stato possibile verificare che chi abita le aree centrali ha un reddito migliore di chi vive in periferia, e che questo aspetto si riflette sul benessere fisico e psichico degli individui, e in generale sulla loro longevità: i meno abbienti non badano alla salute, fumano di più e si ubriacano con maggiore frequenza, atteggiamenti che a lungo andare si ripercuotono inesorabilmente sulla salute. Uno studio analogo è stato condotto anche a Firenze, dimostrando che gli abitanti del centro muoiono meno degli altri. Mentre una ricerca effettuata in Usa evidenzia l'internazionalità del fenomeno. Ricercatori del Center for Health Policy Research hanno, in particolare, coinvolto 3,8milioni di donne fra i 18 e i 64 anni che vivono in nuclei famigliari con un reddito del 200% al di sotto del livello federale di povertà. Dallo studio è emerso che queste persone sono molto più vulnerabili alle malattie di chi vive in buone condizioni economiche. Secondo Roberta Wyn, a capo dello studio, le donne con un reddito scarso soffrirebbero 4 volte di più delle coetanee con reddito alto di disturbi quali diabete, ipertensione, ictus e infarto. Questi dati mettono in luce il fatto che la longevità di un individuo non è determinata solo dalla genetica e dall'ambiente in cui vive, ma anche dal patrimonio e, indirettamente, dalla scolarizzazione e dalla professione. Gli esperti hanno in sostanza dimostrato che le persone meno abbienti sono quelle che periscono più frequentemente di malattie cardiache, tumore, diabete, ma anche incidenti stradali o altri sinistri non necessariamente legati alla salute. In media è stato evidenziato che chi è povero perde 8 anni di vita, contro i 6 anni dei fumatori, e i 4 anni degli obesi. In pratica vivere con un reddito basso è peggio che fumare un pacchetto di sigarette al giorno. Di povertà si parla quasi sempre riferendosi ai paesi terzomondisti, in realtà vari studi dimostrano che il problema è fortemente radicato anche in Italia. Recenti stime divulgate dall'Istat parlano di due milioni e mezzo di persone che non dispongono di un reddito in grado di garantire una qualità 'minima' della vita. Il fenomeno riguarderebbe il 4,1% degli italiani che, se non la sopravvivenza, rischia seriamente l'esclusione sociale, non potendo concedersi alcuno svago, vivendo in pochi metri quadrati, frequentando il medico solo se strettamente necessario. Il livello di povertà dipende soprattutto dalla città in cui si abita. Certamente la situazione a Milano è più difficile che non in un centro del meridione, dove il costo della vita è inferiore. Diciamo che la situazione inizia a farsi assai critica quando una classica famiglia di 4 persone (mamma, papà e due figli) percepisce complessivamente 1.300 euro al mese; questo al nord. Al sud, il limite si abbassa a 900 euro. Oltre questi parametri si parla di 'povertà assoluta', difficilmente compatibile con i tenori sociali in voga.

(Pubblicato su www.milanoweb.com)

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