venerdì 12 marzo 2010
Oltre la soglia dell'"effetto Lazzaro"
Oggi prima di procedere al prelievo di un organo si attende la morte cerebrale della persona che ha subito un incidente. Solo in questo caso, infatti, i medici possono affermare con certezza che il decesso è avvenuto. In alternativa ci si potrebbe affidare alla morte cardiaca, ma non lo si fa perché il rischio di intervenire su una persona ancora in vita, sebbene remotissimo, è verosimile: in simili circostanze si parla del cosiddetto “effetto Lazzaro”, e ci si riferisce specificatamente a una persona che “ritorna in vita” anche dopo vari minuti che il suo cuore ha smesso di battere; (in certi casi anche dopo sette minuti). L'argomento è stato affrontato da vari studiosi riunitesi a Boston, in occasione del congresso mondiale sui trapianti “World Transplant Congress”. In particolare si è discusso della possibilità di rivedere la “soglia” oltre la quale permettere un prelievo d’organo. Secondo i ricercatori, se solo gli Stati Uniti si consentisse di intervenire su individui la cui morte cardiaca (e non quella cerebrale) è stata accertata, la disponibilità nazionale di organi aumenterebbe del 20%, consentendo la sopravvivenza di almeno 6mila persone e di contrastare quindi efficacemente il problema della penuria di organi. Ma qual è la differenza tra morte cerebrale e cardiaca? Un paziente cerebralmente morto presenta un elettroencefalogramma piatto, privo di qualunque attività elettrica, e ad un esame neurologico non dà alcun segno di funzioni cerebrali. I criteri legali relativamente alla morte cerebrale di un paziente variano da paese a paese, ma quasi tutti richiedono il referto di due distinti neurologi, entrambi confermanti l’assenza completa di funzioni cerebrali, e possono richiedere due elettroencefalogrammi piatti a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. La morte cardiaca invece si riferisce sostanzialmente alla constatazione della cessazione del battito cardiaco di un individuo tramite elettrocardiogramma. Quest'ultima serve in realtà per dedurre indirettamente la morte del cervello per assenza di flusso sanguigno. Dopo venti minuti a cuore fermo, ovviamente in assenza di sostegni artificiali, si è certi che il cervello sia irreversibilmente morto. Questo peraltro spiega il perché, in caso di arresto cardiaco, le manovre che si eseguono per cercare di ripristinare il battito cardiaco dopo 20 minuti si sospendono. E in Italia la legge sui trapianti cosa prevede? “Da noi esiste una legislazione estremamente garantista del donatore – spiega Antonio Secchi, direttore programma trapianti ospedale San Raffaele di Milano -. Prima di procedere con un prelievo d’organo occorre aspettare 6 ore dal decesso per un individuo adulto. 12 ore se si tratta di un bambino, e 24 ore se si ha a che fare con un neonato. In ogni caso la morte cerebrale (elettroencefalogramma piatto) e cardiaca sono due aspetti complementari. Oltre all’elettroencefalogramma e all’elettrocardiogramma si valutano anche altri aspetti fisiologici come l’assenza di particolari riflessi e del respiro spontaneo”. Infine il via definitivo a un trapianto può essere dato solo da tre medici specializzati esterni all’equipe che sta seguendo un determinato caso: questi sono il neurologo, il medico legale, e l’anestesista.
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