Per ora non sono ancora stati segnalati casi di attacco agli uomini. Tuttavia la paura che possa verificarsi qualcosa di analogo a “Birds”, film culto girato da Alfred Hithcock nel 1963 in California, è viva più che mai. Accade in Giappone, a Tokyo, e ha come protagonisti numerosi rapaci: animali come i falchi hanno infatti colonizzato i grattacieli più alti della metropoli e con i loro potenti artigli minacciano la fauna locale, creando gravi squilibri nella catena alimentare e nell’ecosistema. Ma che ci fanno intere famiglie di falchi appollaiati in cima alle guglie della più importante città nipponica? È quello che si chiedono anche gli studiosi. Probabilmente cercano il cibo e qui trovano in maggiore abbondanza ciò di cui nutrirsi. Inoltre i grattacieli, spiegano gli esperti, non hanno niente da invidiare alle gigantesche scogliere dove sono soliti dimorare i rapaci. In particolare gli ambientalisti lanciano l’allarme per quanto riguarda determinate specie ornitologiche. I rapaci sarebbero i principali responsabili della forte diminuzione di tortore, anatre selvatiche (il cui numero si è ridotto del 50 percento da metà degli anni Settanta a oggi) e per le stragi di colombi, i cui resti vengono spesso rinvenuti nei nidi dei voraci predatori. “Per ora abbiamo avvistato almeno un centinaio di falchi che si aggirano tra i grattacieli del centro di Tokyo – dice Hiroshi Kawachi, esperto di uccelli della ‘Urban Bird Society of Japan’ - ma nessuno sa ancora perché questi animali abbiano scelto di vivere in un simile habitat”. Prima i rapaci se ne stavano tranquillante a centinaia di metri dal suolo. Ora alcuni testimoni dicono di averli visti anche aggrappati ai davanzali di abitazioni comuni, a tu per tu con i cittadini. Una signora del quartiere di Chiyoda, zona centrale di Tokyo, ha addirittura fotografato e filmato due grossi falchi che riposavano tranquilli sul balcone di un palazzo di fronte al suo. Altri rapaci sono stati avvistati nel quartiere amministrativo di Shinjuku e nella baia all’altezza del ‘Rainbow Bridge’. L’invasione dei rapaci non riguarda solo Tokyo ma anche altre metropoli come Osaka e Hiroshima. Tuttavia i cittadini sono abituati a eventi del genere. Risale in particolare all’estate appena trascorsa l’invasione di Tokyo da parte di grosse cornacchie. Si è anche registrato un altro fenomeno singolare: si sono viste le cornacchie avventarsi apparentemente senza motivo sui cavi a fibre ottiche, indispensabili per il funzionamento di internet. Secondo alcuni ricercatori questo comportamento segnala la necessità da parte degli uccelli di scaricare lo stress urbano.(Pubblicato su Libero il 23 novembre 06)





Fino a poco tempo fa si pensava che l’assimilazione di nuovi vocaboli dipendesse esclusivamente dalla memoria a lungo termine, memoria che ci consente di ricordare fatti, luoghi e persone per molto tempo. Una conclusione a cui gli studiosi giunsero studiando il caso Henry Gustav Molaison, paziente che negli anni Cinquanta subì un’operazione che lo privò della capacità di memorizzare parole e ricordi per più di 20 secondi, e che quindi era in grado di ricordare tutto del suo passato, ma nulla del suo presente, nuove parole incluse. Oggi, però, una nuova ricerca condotta dall’Università Milano-Bicocca e di prossima pubblicazione sulla rivista NeuroImage, dice che questa teoria è inesatta: in realtà, l’apprendimento di nuovi vocaboli, dipende anche dalla memoria a breve termine. È un risultato importante – spiegano i ricercatori della Bicocca - da qui sarà infatti possibile curare con maggiore efficacia i piccoli malati di dislessia e disfasia, disturbi del linguaggio. I ricercatori hanno scoperto che l’area della corteccia cerebrale legata al funzionamento della memoria a breve termine si trova in corrispondenza della scissura di Silvio, area che divide il lobo temporale dal lobo parietale del cervello. Tra queste aree vi è anche la famosa area di Broca, dal nome dello scopritore, fondamentale per il controllo delle funzioni linguistiche negli esseri umani. Lo studio ha coinvolto 12 persone sane. I partecipanti al test dovevano apprendere dei neologismi, nuove parole in associazione a parole reali, per esempio chirurgo-ponole, barile-ghevorta, reclamo-gitolla. “È stato un po’ come fargli imparare una nuova lingua facendogli associare un vocabolo italiano a uno straniero – spiega Eraldo Paulesu, docente di Psicobiologia presso la facoltà di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca e coordinatore della ricerca -. Il nostro cervello non fa infatti differenza fra un vocabolo sconosciuto di un’altra lingua o un termine inventato di sana pianta”. Lo studio ha previsto anche un compito di controllo durante il quale i volontari hanno appreso più semplicemente coppie di parole esistenti (esempio giardino-tiranno, pietra-gabbiano, abisso-confetto). Contemporaneamente i volontari sono stati sottoposti ad una scansione cerebrale attraverso la PET, tecnica che produce immagini tridimensionali contenenti informazioni relative al flusso cerebrale delle diverse aree del cervello. Le immagini così raccolte, dopo una serie di analisi statistiche, hanno permesso di evidenziare le aree che si attivano di più durante l’acquisizione di nuovi vocaboli. “La nostra ricerca ci ha permesso non solo di identificare le aree cerebrali implicate nell’apprendimento dei nuovi vocaboli – continua Paulesu - ma anche la dinamica di tale apprendimento: l’acquisizione di nuove parole sembra comunque un fenomeno prevalente dell’emisfero sinistro. La particolare predisposizione di tale emisfero ad imparare nuovi vocaboli è probabilmente un altro segno della sua dominanza per il linguaggio”. Prospettive future? Secondo gli scienziati da qui potranno partire nuove ricerche per facilitare la diagnosi dei disturbi del linguaggio tramite tecniche scarsamente invasive come la risonanza magnetica funzionale. Inoltre, con la conoscenza delle aree cerebrali legate all’apprendimento di nuovi vocaboli, sarà più facile sviluppare nuovi strumenti diagnostici per identificare ritardi del linguaggio con una base neurologica distinguendoli da manifestazioni di disagio derivanti per esempio da stati emotivi alterati.