giovedì 24 febbraio 2011

Niente sesso, siamo astronauti


Gli uomini che andranno su Marte non potranno fare sesso. In questo modo si eviteranno scene di gelosia, tradimenti, e tutto ciò che potrebbe creare scompiglio all’interno della astronave. È l’argomento su cui stanno dibattendo i tecnici della NASA. Soprattutto in virtù delle conclusioni alle quali è giunto dopo cinque anni di studi Douglas Powell, professore di Harvard: “Gli uomini che andranno su Marte sono ragazzi sani e come è ovvio saranno sessualmente attivi e naturalmente inclini a un coinvolgimento personale reciproco. Quali meccanismi emotivi si metterebbero in moto nel caso questo dovesse accadere nello spazio è un problema che va necessariamente affrontato”. Si sta in sostanza cercando di individuare il metodo più idoneo per impedire agli astronauti di avere rapporti, consci del fatto che una semplice raccomandazione non servirebbe a nulla. Tra le varie ipotesi c’è anche quella più radicale: ossia puntare addirittura sulla sterilizzazione chimica per rendere (si spera solo temporaneamente) gli astronauti totalmente incapaci di fare l'amore. Sono le notizie che trapelano dal Centro Spaziale Johnson (Houston): dove l’agenzia spaziale americana si sta ufficialmente impegnando su tutti i fronti per creare i presupposti indispensabili alla missione che vedrebbe l’uomo sbarcare per la prima volta sul pianeta rosso entro il 2030. Fino a oggi (se si escludono le divertenti vignette pubblicate qua e là che illustrano le ipotetiche posizioni di kamasutra in assenza di gravità) di sesso in orbita non si è mai parlato. E si spiega immediatamente il perché: non è mai stato necessario. Partendo dal presupposto che la storia spaziale dell’uomo attuale non è che il risultato di qualche allunaggio e di sperimentali permanenze umane a bordo di stazioni orbitali, e che in tali circostanze la necessità di accoppiarsi si sarà evidentemente potuta controllare con altri stratagemmi. Ora però le cose sono destinate a cambiare. E Marte potrebbe essere solo l’inizio. Gli esperti cominciano dunque a interrogarsi su quello che si prospetta essere un viaggio che durerà tre anni, avente come destinazione appunto il pianeta rosso: 180 giorni per andare, 180 per tornare e 500 per esplorare e vivere il suolo marziano. Un arco di tempo in cui è fisiologicamente possibile fare ogni cosa: innamorarsi, lasciarsi, (farsi le corna) e naturalmente mettere al mondo dei figli. Si chiedono soprattutto le ripercussioni che si avrebbero sull’equipaggio se si verificasse anche solo una di queste ultime cose, (ricordiamoci che siamo a 56 milioni di chilometri mila chilometri di distanza dalla Terra), e se in tal caso il rischio non possa essere addirittura quello di mandare a monte la missione. Ad aiutarci nella comprensione di un’eventualità del genere, e a stimare quindi l’importanza della questione, sono le poche testimonianze di chi nello spazio per tanti giorni c’è stato davvero (vari cosmonauti russi per esempio), e che afferma che “mettere insieme contemporaneamente per mesi e mesi poche persone in un ambiente molto piccolo, significa ottenere le condizioni di base per un omicidio”. Non sappiamo niente infine di sesso in orbita (e della sua eventuale impossibilità a svolgerlo), ma almeno conosciamo la natura dei principali disagi fisici che si instaurerebbero in seguito a una prolungata permanenza nello spazio: sono i dati ricavati dalle missioni a bordo dello shuttle e della stazione spaziale MIR. Il corpo umano subirebbe soprattutto modificazioni a carico dei sistemi cardiocircolatorio, muscolare e scheletrico: la mancanza di gravità infatti fa sì che il cuore pompi più sangue verso la testa che verso le estremità, e i tratti del viso si gonfiano. I muscoli non sarebbero più sottoposti a sforzo e si assottiglierebbero, mentre le ossa tenderebbero a decalcificarsi.

Nessun commento: