lunedì 25 agosto 2014

Il robot transformer


Immaginiamo un foglio di carta a due dimensioni, che grazie a un po' di fantasia, possiamo trasformare in una barchetta o in un aereo  tridimensionali. Il concetto è lo stesso, ma non riguarda uno strato di cellulosa, bensì una struttura hitech in grado di assumere le sembianze di un "essere" a quattro zampe, pensiamo a un granchio, capace di camminare, girare, e potenzialmente compiere svariati compiti. Un "foglio" dotato di mente propria, che in quattro minuti si autoassembla e non ha bisogno di aiuti esterni per entrare in azione. E' questo l'ultimo avveniristico robot prodotto dalla collaborazione fra scienziati di Harvard e del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston. Si tratta, in pratica, di un robot transformer a tutti gli effetti, così spesso decantato dai fumetti o dai libri di fantascienza;  per la prima volta realizzato in un laboratorio scientifico. Potrà essere disponibile fra qualche anno, a un costo irrisorio, se paragonato ad altri prodotti di questo genere:  gli scienziati dicono, infatti, che per realizzare il primo prototipo sono bastati cento dollari di materiale altamente tecnologico ed elettrico. Più prosaica l'assimilazione a un "origami meccanico" (in riferimento alla caratteristica arte orientale), dotato di un "cervello elettrico", due motori e comunissime batterie per il rifornimento energetico.  Il suo segreto? Essere caratterizzato da un polimero "a memoria di forma", predisposto per fornire alla struttura base il comando per l'auto-assemblaggio, e la trasformazione finale in un marchingegno robotico le cui ripercussioni in campo industriale potrebbero essere molteplici. "Partiamo dall'idea di rendere i robot il più possibile veloci ed economici", spiega Sam Felton, a capo del progetto, "e un modo per giungere a questo risultato è, appunto, affidarci a strutture analoghe a un foglio di carta, in grado di trasformarsi da solo in corpi tridimensionali". Il primo robot transfomer nasce, in realtà, per scopi militari, ma non sono esclusi perfezionamenti futuri che potrebbero, per esempio, facilitare l'esplorazione spaziale. Entra in funzione tramite la variazione di parametri climatici esterni, come, per esempio, la temperatura. Aumenta il caldo e in pochi minuti la sua "bidimensionalità" viene sostituita da quattro zampette che cominciano a brancolare qua e là, fino a raggiungere i 5,4 centimetri al secondo di velocità. Proprio come fa un granchio o un qualunque aracnide (benché dotati di otto zampe). Lo spunto è stato preso da un gioco chiamato Dinks Shrinky (inventato nel 1973), in grado di cambiare colore e ridurre le proprie forme del 50% se sottoposte a un innalzamento di temperatura. Un solo strato hitech potrebbe apparire banale, ma se si immagina una risma di "fogli" di questo tipo, non è difficile intuire gli incredibili scenari che potrebbero derivare dal suo impiego; primo fra tutti un esercito di micro robot in grado di scandagliare la superficie di un corpo celeste, o un'area di interesse energetico. Con i robot transformer si può pensare alla realizzazione di satelliti di nuova generazione, e facilitare i campi di esplorazione e le operazioni di salvataggio. Ma anche oggetti in grado di assumere le sembianze di altri animali (pensiamo a un cigno), per poi volare. Notizie in più si potranno sapere fra qualche settimana, quando, nel corso di una conferenza di robotica che si terrà a Taiwan si riparlerà del primo robot transformer, ma anche di nuovi "gadget hitech", come il cubo auto-pieghevole di soli cinque millimetri di lunghezza e il bruco robot. 

Il futuro della robotica 

Il progetto SAPHARI - acronimo di Safe and Autonomous Physical Human-Aware Robot Interaction - ha come scopo la progettazione di un automa in grado di interagire con l'uomo, di comprenderne i movimenti, di collaborare senza mai interferire dal punto di vista spaziale, una macchina capace di vivere insieme agli umani nel segno della sicurezza.

Alla Cornell University, in Usa, i ricercatori stanno lavorando su macchine che possano, come gli esseri umani, imparare da ciò che osservano e dall'esperienza quotidiana. Hanno creato, per esempio, un sistema che identifica le attività sulla base dei movimenti delle persone e che, una volta installato in un macchinario che svolge funzioni di "badante", potrebbe aiutare la persona che ha in affido offrendole da bere o spazzolandolgi i denti. 

In futuro potremmo anche rilassarci su un robot divano e, prima di accomodarci a tavola, ordinargli di trasformarsi in sedia. Presso il laboratorio di biorobotica del Politecnico federale di Losanna ci si occupa, infatti, dei cosiddetti robot modulari – dei Roombots –  che potrebbero permettere di trasformare questa utopia in realtà.

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