giovedì 28 dicembre 2017

Il lato b della Cannabis


C'è molta confusione sull'argomento e non solo i numeri legati alla sua azione stupefacente dovrebbero essere presi in considerazione per una corretta analisi dell'argomento. Di fatto l'aspetto concernente il consumo illegale di cannabis riguarda solo una parte della realtà di questo particolare vegetale. Oltre il tema che tutti conosciamo, si celano, infatti, retroscena coinvolgenti molte discipline: biologia, storia, chimica, medicina, botanica, agricoltura. E proprio da qui vorremmo partire, sostituendo al consueto aspetto "sociale", quello naturalistico e scientifico. Innanzitutto il nome, cannabis. Fa parte della famiglia delle cannabaceae, come il luppolo, pianta che contribuisce al buon successo di una birra. Ma definire la specie (il primo gradino della classificazione di un essere vivente) è un rebus. 

E' il motivo per cui la coltivazione della cannabis risulta da sempre problematica. In Italia e nel mondo. Linneo, padre di (quasi) tutti i nomi delle piante che ci circondano, definì un'unica specie: Cannabis sativa. E anche oggi è così, nonostante il tentativo del botanico sovietico D. E. Janichewsky di indicare tre specie diverse. La verità è che esistono numerose sottospecie e varietà, interfeconde fra loro. La differenza morfologica è minima, ma cambiano i valori delle sostanze psicoattive presenti. Ecco perché alcune varietà sono coltivabili e altre no.

Oggi per coltivare la Cannabis occorre il permesso del Governo. E' necessario puntare su una varietà con una bassa percentuale di Thc (inferiore allo 0,2%); la sigla sta per delta-9-tetraidrocannabinolo, astruso termine chimico per designare il principio attivo della cannabis, responsabile del rilascio di dopamina nel cervello; sostanza che provoca euforia, ma anche disorientamento e rilassatezza. Coinvolti soprattutto l'ippocampo e il cervelletto, aree ricche di recettori per questo tipo di molecole. Fino agli anni Cinquanta, in Italia, la coltivazione della Cannabis era considerata normale. L'attività agricola riguardava 100mila ettari di terreno. Poi c'è stato il crollo con la fine della seconda guerra mondiale e l'introduzione di nuove fibre, come il nylon. Per la gioia di molti lavoratori che non ne potevano più di macerare, asciugare, stigliare, ammorbidire, pettinare, filare, tutti passaggi per ottenere il principale prodotto della cannabis: la fibra. Nel 1970 gli ettari destinati alla canapa calano a 36mila. E nel giro di dieci anni se ne perdono le tracce. La ripresa, pochi anni fa. In Italia e in Europa. Attualmente nel nostro Paese sono coinvolte 150 aziende, e circa 500 ettari di suolo agricolo. Perché si coltiva la Cannabis? 

Perché è un vegetale che offre moltissime opportunità a livello industriale, partendo dal cosiddetto floema (tessuto per la conduzione della linfa) della pianta, presente in tutti i fusti. In ambito tessile (magliette, t-shirt, calzature), al posto del cotone, che richiede un impiego massiccio di pesticidi; per la produzione di olio: i semi di canapa possiedono qualità nutrizionali eccellenti, partendo dalle alte percentuali di grassi omega 3 e omega 6, fondamentali per una buona resa cardiovascolare; per produrre carta: si evita l'abbattimento di altri alberi e l'utilizzo di acidi inquinanti necessari all'ottenimento della carta tradizionale. Così sono, per esempio, arrivati a noi esemplari della Bibbia di Gutemberg, realizzata a Magonza più di cinquecento anni fa.

L'impiego della Cannabis sativa riguarda anche la produzione di materie plastiche, combustibili, prodotti edilizi. A Bisceglie, in Puglia, sta vedendo la luce il condominio più grande d'Europa costruito con canapa e calce, in grado di sequestrare grandi quantità di anidride carbonica dall'ambiente. E con la Cannabis si fa perfino la birra, ottenuta dalla canapa Carmagnola italiana. I motivi per cui questo "ambiguo" vegetale è coltivato dalla notte dei tempi. In Asia si lavora da 5mila anni. Un trattato cinese del 2737 a.C. attesta il suo utilizzo per ricavare fibre adatte a ogni necessità; nel 1500 a.C. anche gli sciiti non possono farne a meno. In Europa arriva 2.500 anni fa. Le Repubbliche marinare non sarebbero fiorite senza la canapa. In America, a metà dell'Ottocento, ci sono oltre 8mila piantagioni di cannabis da cui si ricava fibra per gli scopi più diversi. Dunque, il discorso dipende sostanzialmente dalla varietà selezionata: al di là di alcuni parametri limite, è perfettamente coltivabile. 

Fra le varietà più conosciute c'è la già citata Carmagnola, che prende il nome da un paesino piemontese, storicamente legato a questo tipo di coltivazione; dove nei secoli passati venivano prodotti tele e cordami esportati in tutta Europa. L'attività è andata scemando, ma la varietà si è mantenuta integra. Altrettanto famosa è la Fibranova. Mentre in Francia sono molto comuni la Fedora 17, la Felina 32 e la Futura 75. E domani? La risposta potrebbe arrivare dall'ingegneria genetica, che sta già rivoluzionando l'industria agraria. Ma questa è tutta un'altra storia. 

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