Dal 26 aprile 2009, giorno in cui vengono resi noti i primi decessi a causa del virus A/H1N1, al 19 maggio 2009, in cui la sanità americana fa sapere che gli obesi rischiano più degli altri di soccombere all’azione del nuovo agente virale, l’epidemia di influenza suina provoca un’ottantina di morti. Un dato che l’opinione pubblica e molti centri scientifici associano (e continuano ad associare) al termine “pandemia”, dal greco pan-demos, “tutto il popolo”. In realtà questa definizione potrebbe essere fuorviante, considerato che le vere pandemie succedutesi nel corso della storia mostrano numeri ben diversi, a partire dalla febbre tifoide che nel 430 a.C. ridusse di un quarto la popolazione ateniese. Per far capire la diversità che sussiste tra l’impatto sociale dell’influenza suina e una pandemia vera e propria, un servizio pubblicato sull’ultimo numero di Wired, prendendo spunto dagli studi di Alex Vespignani dell’Università dell’Indiana, mette a confronto l’ultima “grande” influenza con la Spagnola del 1918 e con il fantascientifico virus protagonista del bestseller post-apocalittico di Stephen King, “L’ombra dello scorpione”, pubblicato nel 1978. Il primo fattore da considerare in caso di pandemia è il cosiddetto RO (tasso di persone infettate da un singolo malato). Per ciò che riguarda l’influenza suina, questo parametro (rapportato al range temporale citato all’inizio) è pari a 1,3. Nel caso del modello statistico concernente la Spagnola il dato cresce a 2,7 e relativamente al virus dell’Ombra dello scorpione a 5,5. Si valuta poi la gravità di una pandemia in base alla percentuale di casi mortali: per l’influenza suina il dato si ferma allo 0,7%, contro il 5% della Spagnola e il 99% del virus dell’Ombra dello scorpione. Ma il confronto fra una pandemia seria e un virus tutto sommato (per il momento) poco letale, non finisce qui. Si può infatti immaginare di ripercorrere idealmente il periodo delle settimane chiave comprese fra il 26 aprile e il 19 maggio 2009, confrontando il numero effettivo di decessi dovuti ai tre morbi con il trascorrere dei giorni. In questo modo si può vedere che il 26 aprile - giorno in cui cominciano a venire chiuse alcune scuole americane - i morti per influenza suina sono 7, dato identico a quello relativo ai decessi per il virus della Spagnola e per quello dell’Ombra dello scorpione. Il 29 aprile - giorno in cui l’Oms alza il livello di allarme pandemia per A/H1N1 a 5 (il 12 giugno passerà a 6) - salgono a 8, contro i 15 della Spagnola e i 910 dell’Ombra dello scorpione. Il 7 maggio - poco dopo aver riaperto cinema e ristoranti a Città del Messico - arrivano a 46, contro i 122 del virus del 1918, e i 782.620.558 milioni dell’agente killer del romanzo epidemiologico di King. Infine, il 17 maggio - poco dopo l’annullamento del tour dei Jonas Brothers in Messico per paura del contagio - dopo quattro settimane dall’esordio delle pandemie, abbiamo i seguenti dati: morti per febbre suina 79, per Spagnola 1544, per il virus dell’Ombra dello scorpione l’intera umanità. In questo momento sono oltre mille le persone decedute a causa del virus A/H1N1. Per la precisione il dato è arrivato a quota 1.012, mentre il numero di contagi è pari a 168.895. Secondo i ricercatori dell’Università di Milano attualmente il tasso di mortalità legato alla febbre suina è comunque molto basso, dello 0,04 per mille, inferiore anche a quello dell’influenza normale fissato intorno all’1 per mille. In ogni caso c’è chi inizia a dirsi seriamente preoccupato della febbre suina, soprattutto in vista dei mesi autunno-invernali in cui i virus influenzali si diffondono con particolare facilità. Sono gli scienziati inglesi. Gli esperti del National Health Sistem, per esempio, dicono che il virus A/H1N1 potrebbe provocare solo in Inghilterra la morte di 65mila persone e l’infezione del 30% della popolazione. Infine i dati dell’Oms dicono che la malattia si è ormai diffusa in quasi tutto il mondo, avendo contaminato gli abitanti di 160 Paesi. Anche se, come abbiamo visto, i numeri di una pandemia vera e propria sono diversi da quelli attuali dell’influenza suina.
(Pubblicato su Libero il 30 luglio 09)
giovedì 30 luglio 2009
martedì 28 luglio 2009
La ricetta dell'allegria
Ansia, attacchi di panico, stati depressivi e fobie di vario tipo. Grazie ai farmaci oggi molti disturbi di questo tipo possono esseri curati e guariti. Ma più in generale, anche stando attenti a ciò che si mangia è possibile incidere sull’umore, migliorandolo. Secondo gli esperti ci sono infatti alimenti che contengono principi attivi specifici, in grado di agire sui neurotrasmettitori cerebrali legati al benessere psichico. «Una dieta salutare è la migliore partenza per rinsaldare l’umore» dice Diane M. Becker, direttrice del Center for Health Promotion presso la Johns Hopkins School of Medicine in Usa. Secondo Becker per migliorare la propria salute psichica a tavola è necessario, innanzitutto, assumere alimenti ricchi di vitamina B12 e acido folico. Come il manzo magro, il salmone grigliato, i broccoli, ma anche il pollame e i prodotti caseari. Secondo Edward Reynolds del King’s College di Londra queste sostanze sono capaci di prevenire i disordini del sistema nervoso, i saliscendi dell’umore, e addirittura la demenza. La conferma arriva anche da studi di natura antropologica: si è infatti visto che le popolazioni che consumano abbondantemente cibi ricchi di acido folico e vitamina B12 sono quelle meno depresse. Altro elemento fondamentale per contrastare i cali d’umore è il selenio: 55 microgrammi di selenio al giorno sarebbero l’ideale per uomini e donne. Il selenio si trova nel pane, nella frutta secca, nei fagioli, nei legumi, nelle sardine e anche nei cereali. Ricerche condotte dall’Università di Cardiff dimostrano che i cereali riducono il senso di affaticamento, attenuano la depressione, migliorano le capacità cognitive dopo appena una settimana dalla loro costante assunzione. E poi ci sono gli omega 3, contenuti nel pesce: trota, tonno, salmone, sardine. Delle loro eccellenti proprietà parlano gli scienziati dell’Università del Texas i quali aggiungono che «il pesce serve anche a combattere la depressione post partum». Grazie alla cospicua presenza di grassi gli omega 3, appunto, proteggono il cuore e migliorano l’attività cerebrale. Fondamentale per una buona attività del cervello è anche la vitamina D. Si trova anche questa nel pesce (sgombro, tonno, salmone), ma anche nel fegato, nel formaggio e nei prodotti caseari, soprattutto nel latte. Da una ricerca condotta dall’Università di Cambridge su duemila persone con più di 65 anni emerge che gli individui con livelli più bassi di vitamina D hanno maggiori problemi di comprensione. E veniamo al cioccolato: in particolare quello fondente contiene sostanze che qualche scienziato ha giudicato efficaci quasi quanto quelle presenti in certi medicinali: si possono citare la feniletilamina e la difenildantonina. «Il cioccolato è un eccellente ricostituente psicologico» sottolinea Becker. Incrementa la quantità di endorfine, ormoni importanti per la salute mentale. Infine, per mantenere saldo l’umore, è importante cibarsi abbondantemente anche di frutta e verdura. Chi mangia più di due porzioni al giorno di frutta e verdura - grazie alla vitamina C ed E - ha infatti l’11% in più di probabilità di godere di buona salute e di conseguenza di stare meglio d’umore. Da evitare, invece, alcol e caffeina.
(Pubblicato su Libero il 28 luglio 09)
(Pubblicato su Libero il 28 luglio 09)
lunedì 27 luglio 2009
Boom di uomini col seno rifatto
Sempre più uomini si sottopongono a operazioni per rifarsi il seno. In Italia negli ultimi due anni il loro numero è quadruplicato. Cifre simili sono riscontrabili anche in molti altri paesi industrializzati. In Inghilterra, per esempio, secondo gli scienziati dell’ospedale londinese St George’s and Princess Grace, è raddoppiata la richiesta di essere sottoposti a correzione del seno. L’intervento mira a rimpicciolire l’adipe nella parte alta del torace. Un tempo l’operazione era riservata esclusivamente ad adolescenti con problemi ormonali. Ora l’intervento è attuato soprattutto su over 45 con la fissa della linea e del fisico asciutto. I dati statistici relativi agli interventi di chirurgia estetica realizzati negli Stati Uniti e recentemente pubblicati dalla American Society of Plastic Surgeons, collocano la correzione del seno come il quinto intervento chirurgico più frequente nell’uomo dopo la blefaroplastica (correzione delle palpebre), la liposuzione, la rinoplastica (correzione del naso) e il trapianto di capelli. Si parla di ginecomastia per indicare una alterazione caratterizzata dalla presenza nell’uomo di un seno eccessivamente sviluppato, di aspetto femminile. Può essere la conseguenza del malfunzionamento della ghiandola (ginecomnastia vera) o più spesso della presenza eccessiva di grasso mammario (pseudoginecomastia). Il problema è più frequente di quanto si possa immaginare: è presente in un terzo della popolazione maschile adulta e in oltre la metà degli adolescenti. L’intervento per rimpicciolire il seno è realizzabile in day-hospital. L’operazione varia in base al tipo di ginecomastia: se è dovuta ad un aumento del grasso si utilizza la liposuzione. Nel caso di una anomalia ghiandolare si procede effettuando una piccola incisione localizzata lungo il margine inferiore dell’areola.
sabato 25 luglio 2009
"Rinasma": due patologie in una
Chiamiamola “Rinasma” così sapremo che a dover essere combattute non sono due malattie ma una soltanto. È ciò che si evince da uno studio condotto da scienziati di San Diego, i quali affermano che rinite allergica e asma cronica sono due facce della stessa malattia. Una considerazione importante poiché si suole curare separatamente i due mali il più delle volte arrecando più danni che benefici. Mentre l’ideale sarebbe, appunto, sviluppare farmaci in grado di contrastarli entrambi. Gli studiosi sono giunti a queste conclusioni scoprendo che l’80% degli asmatici soffre anche di rinite allergica. E che gli ammalati di “allergia” corrono otto volte più degli altri il rischio di ammalarsi di asma cronica nel corso della vita. Da ciò quindi la conferma che le due patologie sono molto più “vicine” tra loro di quanto sostenuto fino a oggi. Il termine “Rinasca” – dice Giorgio Walter Canonica, direttore dell’Istituto di malattie respiratorie dell’università di Genova e membro del pool di esperti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – non è il massimo, ma rende perfettamente l’idea di un’unica malattia dai due volti”. Del problema se ne è approfonditamente parlato nel corso del congresso mondiale dell’American Thoracic Society di San Diego. Dal congresso è emerso che sarebbe possibile ricorrere a un unico principio attivo efficace sia per combattere il “raffreddore da fieno” che l’asma. Il medicinale, in ogni caso, contrasterebbe gli elementi alla base dell’infiammazione: i leucotrieni. Questi ultimi sono stati identificati come mediatori di una serie di fenomeni infiammatori ed allergici: artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, psoriasi, rinite allergica ma soprattutto dell’asma bronchiale. La notizia è quanto mai attuale considerato che le allergie coinvolgono sempre più italiani.
Un'alga contro la cecità
Scienziati Usa hanno restituito la vista a topolini ciechi introducendo nelle loro retini il gene di un’alga. Un risultato davvero notevole se paragonato ad altri studi simili in cui la capacità visiva veniva restituita solo mediante l’applicazione si sofisticati chip elettronici o protesi. I roditori sono stati indotti a sviluppare una patologia analoga alla retinite pigmentosa dell’uomo e curati con successo. La retinite pigmentosa è una malattia degenerativa che colpisce le cellule fotorecettrici della retina (i coni ed i bastoncelli) uccidendole lentamente. La capacità visiva del soggetto colpito viene progressivamente ridotta, fino a giungere in molti casi alla completa cecità. Le cause che determinano questa patologia non sono ancora conosciute e di conseguenza non esiste nessuna cura per i malati. Gli scienziati della Wayne State University, diretti da Zhuo-Hua Pan, hanno impiegato un virus innocuo come vettore. Con esso hanno introdotto nelle cellule nervose che caratterizzano lo strato interno della retina, normalmente insensibile alla luce, un gene codificante per una proteina suscettibile ai fotoni (particelle della luce). Zhuo-Hua Pan ha commentato il suo risultato su un articolo apparso sull’ultimo numero della rivista Neuron. Dice che la nuova proteina prodotta dalla cellula, una forma di rodopsina (ChR2), è in grado di attivare ex novo dei neuroni retinici e far sì che questi inviino al cervello il “messaggio visivo”. Si è visto inoltre che la proteina inoculata resiste a lungo tra gli strati retinici e non viene quindi degradata dall’azione di enzimi. Il problema principiale da risolvere prima di avviare i test sull’uomo? Gli studiosi devono ancora quantificare l’intensità del segnale che arriva alla corteccia cerebrale. Peraltro, aggiungono i ricercatori “le malattie degenerative della retina sono estremamente varie. E saranno perciò necessari ulteriori approfondimenti per stabilire quali tipi di esse saranno effettivamente risolvibili”.
mercoledì 22 luglio 2009
L'ECLISSI DEL SECOLO
The longest total solar eclipse of the 21st century began across a huge swathe of Asia Wednesday, visible to huge numbers of people in India and China. Ancient superstition and modern commerce came together in a once-in-a-lifetime opportunity which could end up being the most watched eclipse in history, due to its path over Earth's most densely inhabited areas. Total solar eclipses occur when the moon comes between the Earth and the sun, completely obscuring the sun. The excitement this time around is largely due to the unusually long duration of the instant of greatest eclipse, or "totality" - when the sun is wholly covered. At its maximum, this will last six minutes and 39 seconds - a duration that will not be matched until the year 2132.
(France24-International News)
Oziare fa bene alla salute
La pigrizia fa bene alla salute. Se così non fosse non si comprenderebbe il motivo per cui, praticamente tutte le specie animali, oziano dalla mattina alla sera. Le prove? Le ha fornite un team di scienziati dell’università di Pretoria in Sudafrica in collaborazione con studiosi newyorkesi. Secondo i ricercatori l’unico “animale” non pigro è l’uomo che lavora in media 8 ore al giorno. Tutti gli altri, chi per un motivo, chi per l’altro, amano più di ogni altra cosa il “dolce far niente”. Partiamo dalla talpa del Sudafrica. L’animale trascorre gran parte del suo tempo in tane scavate nella sabbia. È così che sfugge alle alte temperature. L’organizzazione sociale della specie prevede solo un numero ristretto di individui super impegnati in faccende “domestiche”. La restante parte della “comunità” è esclusivamente dedita al relax. I castori. Si è soliti considerarli animali iperattivi. In realtà lo studio ha messo in risalto che non dedicano mai più di cinque ore al giorno alla costruzione di dighe e alla ricerca del cibo. I leoni. Questi animali trascorrono il 75% della loro giornata sbracati al suolo a sonnecchiare. Il motivo della loro pigrizia? La dieta. Secondo i ricercatori i felidi osservano un’alimentazione molto ricca di proteine. Quest’ultima richiede processi digestivi assai lunghi, che avvengono meglio se l’animale è a riposo. Certe specie di rospi oziano undici mesi all’anno. Infilati in tane profonde anche più di un metro rimangono lì in un perenne stato di dormiveglia, che però non ha nulla a che vedere con il letargo. Ma l’aspetto più sorprendente della ricerca è quello secondo il quale anche gli animali filogeneticamente più vicini all’uomo, ossia i primati, si mostrano particolarmente inclini all’accidia. Sono gli oranghi, i gorilla, e molte altre specie di scimmie. I primi riposano per il 39,4% del tempo a loro disposizione. Mentre il 50% del tempo lo trascorrono mangiando. I gorilla non fanno niente per oltre metà della giornata. Una specie di scimmia, l’Atele dalle mani nere, vive in Centro America ed è da record: il 70% della giornata lo passa oziando.
martedì 21 luglio 2009
L'intelligenza dei pesci rossi
Non sono così stupidi come sembra i pesci rossi. Lo afferma un gruppo di ricercatori dell’Università di Plymouth, nel Sud Ovest dell’Inghilterra. Secondo gli studiosi, guidati dal professor Phil Gee, il cervello dei pesci rossi può benissimo competere con quello di un uccello o addirittura di un piccolo mammifero. Gli scienziati dicono che i pesci hanno ottime capacità mnemoniche e in particolare comprendono come gli esseri superiori il trascorrere del tempo. Ecco l’esperimento. “Per settimane abbiamo addestrato i pesci a mangiare ad una precisa ora del giorno. Gli abbiamo insegnato a pigiare su una leva nel loro acquario per procurarsi il cibo – ha commentato Gee -. In seguito abbiamo cominciato a distribuire il mangime solo a determinati orari, e i pesci si sono resi conto che se si avvicinavano alla leva intorno a quell’ora potevano mangiare: quando il dosatore smetteva di erogare cibo, si allontanavano”. Tutto ciò è notevole se pensiamo che i pesci nella scala evolutiva stanno prima dei mammiferi, degli uccelli e perfino degli anfibi. Tuttavia non è la prima volta che degli scienziati rivalutano le capacità mentali di questi tipici inquilini di vasche ed acquari. Recentemente, una ricerca condotta da esperti del Roslin Institute di Edimburgo, ha messo in luce che i pesci soffrono lo stress e il dolore proprio come l’uomo: davanti a situazioni difficili nuotano in modo irregolare, cambiano comportamento e smettono di mangiare. Infine c’è un ingegnere statunitense, Dean Pomerlau, che ha addirittura insegnato al suo pesce rosso a fare goal in una porta costruita appositamente nel proprio acquario casalingo.
domenica 19 luglio 2009
ENERGIA DALLE FOGNE
Un progetto energetico avviato per la prima volta nella città di Oslo, in Norvegia, e basato sull’ottenimento di energia dalle fogne. È la proposta di Lars-Anders Loervik, direttore della società energetica di Oslo Viken Fjernvarme. La sua azione è affidata a una gigantesca pompa di calore, caratterizzata da un sistema di compressori e condensatori. La struttura permette di erogare nelle case una potenza di 18 megawatt (MW), sufficiente a riscaldare 9mila appartamenti e risparmiare circa 6mila tonnellate di combustibile all’anno. La messa a punto della pompa è costata allo stato 11,5milioni di euro. Ma in che modo il nuovo mezzo meccanico ricava il calore dalle fogne? Gli scarichi delle fognature scorrono nel sistema ad una temperatura di 9,6 gradi, e fuoriescono a una temperatura di 5,7 gradi. La differenza di calore viene trattenuta dai refrigeratori e trasformata in energia. Quest’ultima serve infine a riscaldare l’acqua di un sistema di tubi lungo 400chilometri, che si snoda tra abitazioni e uffici. La centrale sorge ai piedi delle colline di Oslo. “Crediamo che questo sia il sistema di riscaldamento più grande del mondo capace di impiegare acque di scarico – ha commentato Loervik. “Una soluzione che potrebbero adottare molte città del mondo – ha aggiunto Monica Axell, a capo del centro pompe calore dell’International Energy Agency, che fa da consulente a 26 Paesi industrializzati. Un solo neo è rappresentato dal fatto che l’erogazione energetica non può essere costante, in quanto il flusso che giunge nelle fogne non è regolare. Esempio. Il lunedì mattina dalla 4 alle 6 è piuttosto scarso perché la gente alla domenica va a dormire presto. Al contrario durante i weekend è particolarmente abbondante. “Quando la gente esce per andare a ballare c’è un sacco di birra che scorre nelle fogne - ha rivelato Oyvind Nilsen, responsabile del progetto. È comunque la prima volta che si sente parlare di un sistema del genere per ottenere energia. Finora, relativamente agli scarichi urbani, era stata contemplata esclusivamente la possibilità di ricavare energia dalla fermentazione degli escrementi.
sabato 18 luglio 2009
La prima volta? Si dice solo alla nonna
Per sapere come e quando farlo la prima volta la maggior parte dei ragazzi italiani si rivolge alla nonna. È ciò che emerge da una ricerca commissionata da Rizzoli Larousse coordinata dalla psico-sessuologa Serenella Salomoni. Lo studio è stato condotto su 800 teenager. Nel 38% dei casi, i ragazzi, si sentono a loro agio a parlare di “certi” argomenti solo con la nonna. Il 12% si rivolge a un genitore, l’8% a un professore, il 24% si affida ai libri o ai disegni illustrati. Secondo un’indagine Eurispes questi dati sono molto importanti, dato che in Italia l’età media del primo rapporto completo si è abbassata (oggi la prima volta arriva tra i 16 e i 17 anni), e che i genitori, a differenza di un tempo, sono sempre meno presenti nella realtà dei propri figli: sono aumentati gli impegni lavorativi, ma anche i divorzi e le separazioni. La ricerca mette in evidenza la necessità dei giovani di avere qualcuno con cui confidarsi e a cui esporre le proprie incertezze e titubanze relativamente a una materia importante come la sessualità. A tal proposito emerge che è addirittura dell’89% la percentuale di teenager che desidererebbe poter seguire a scuola dei corsi di educazione sessuale, così come avviene in tutta Europa, a esclusione della Grecia, dell’Irlanda e appunto del Belpaese. Va in ogni caso tenuto presente che, l’ingresso di un figlio nell’età puberale, comporta per il genitore uno sforzo notevole: egli deve affrontare per la prima volta argomenti che possono rivelarsi assai difficili da esporre correttamente. La paura è spesso quella di non riuscire a comunicare esattamente ciò che si vuole. Alle ragazze risulta più facile e naturale avvicinarsi all’argomento “sesso” per via del ciclo mestruale, mentre per i maschi è più complicato. E qui entrano quindi in gioco i nonni. Il rapporto tra nonni e nipoti è oggi un rapporto sano, spesso più forte e autentico di quello che lega i figli a mamma e papà. Secondo gli scienziati i nonni moderni, e in particolare le nonne, possiedono un canale di comunicazione privilegiato con in nipoti, che permette loro di affrontare senza pregiudizi e imbarazzo anche certi discorsi delicati come il sesso.
La missione Apollo 11, quarant'anni dopo
Forty years ago, on July 20, 1969, the first person set foot on the moon, a monumental feat that captivated an audience of one billion people around the globe and heralded in the era of modern space flight. U.S. astronaut Neil Armstrong made the historic first step on the Moon from Apollo 11's landing craft called the Eagle. Armstrong summed up the momentous event with one simple, elegant phrase: "That's one small step for man; one giant leap for mankind."The moon landing was seen as the high point of a U.S. space program fueled by a decade-long space race with the former Soviet Union. Twelve years before the historic Apollo 11 mission, the Soviets successfully launched the first artificial satellite called Sputnik into Earth's orbit. The accomplishment was soon followed by cosmonaut Yuri Gagarin's historic manned spaceflight into Earth's orbit in 1961. That same year, then President John F. Kennedy vowed in a speech before the U.S. Congress to put a man on the moon. "I believe that this nation should commit itself to achieving the goal before this decade is out of landing a man on the moon and returning him safely to Earth," he said. The U.S. Moon mission came on July 16, 1969, when Armstrong, along with astronauts Buzz Aldrin and Michael Collins, climbed into Apollo 11's command module called Columbia atop a gigantic Saturn V rocket and blasted off. It took the Apollo 11 four days to enter lunar orbit. On the far side of the Moon, out of communication with mission controllers, the Eagle moon lander separated from the Apollo command module. Upon descent, alarms went off telling the astronauts that the automatic guidance system was steering the lander toward a boulder-strewn crater instead of a relatively flat landing site called the Sea of Tranquility. Neil Armstrong took manual control of the guidance system and, with just 20 seconds of fuel remaining, coasted to a landing. The tense moment had ended as Mr. Armstrong radioed mission control. "Houston, Tranquility base here," he said. "The 'Eagle' has landed." Armstrong carefully descended the steps of the landing module 6.5 hours after touching down on the powdery lunar surface. Neil Armstrong described the landscape. "It has a stark beauty all of its own," he said. "It's much like the high desert of the United States. It's different but it's very pretty out here."The president at the time, Richard Nixon, watched the breathtaking event on television with the rest of the world. In a telephone hook up to the Apollo 11 astronauts, Mr. Nixon paid tribute to their history-making accomplishment. "Because of what you have done, the heavens have become a part of man's world. For one priceless moment in the whole history of man, all the people on this Earth are truly one, one in their pride in what you have done," he said. During the two-and-a-half-hour moon walk, the astronauts frolicked in the weightlessness of outer space and planted an American flag in the lunar surface. They conducted several experiments, gathering up lunar rocks and soil. More than 21 hours after their famous walk, astronauts Armstrong and Aldrin fired up the Eagle and rejoined Mike Collins aboard the Columbia command module for the flight back home. Astronaut Neil Armstrong, the first human to step on the Moon, observed the extraordinary accomplishment of the Apollo 11 mission forever established a lasting legacy in space flight. "The important achievement of Apollo was a demonstration that humanity is not forever chained to this planet, and our visions go rather further than that and our opportunities are unlimited," Armstrong said. Thus began the modern space age and the promise of future space exploration.
(VOA News)
(VOA News)
venerdì 17 luglio 2009
Stop alla divisione cellulare con una proteina
Il ciclo cellulare non è irreversibile come ritenuto fino a oggi, ma può essere bloccato e addirittura ricondotto all’inizio del processo. Lo dice Gary Gorbsky della Oklahoma Medical Research Foundation in un recente articolo pubblicato su Nature. Grazie a questa scoperta sarà possibile riflettere sulla possibilità di individuare un farmaco che blocchi la proliferazione cellulare e quindi anche processi dannosi all’organismo come le metastasi. Gorbsky ha lavorato su colture cellulari, riuscendo a controllare la proteina responsabile della mitosi. Con mitosi ci si riferisce alla fase chiave del ciclo cellulare, quella in cui da una cellula madre si sviluppano due cellule figlie. È divisa in profase, metafase, anafase e telofase. Poco prima della divisione vera e propria che si ha alla fine della telofase avviene il processo noto come duplicazione del Dna: quando in pratica l’acido desossiribonucleico “raddoppia”, anticipando la migrazione dei cromosomi ai poli della cellula. Ed è qui che Gorbsky è intervenuto. Ha infatti impedito ai centromeri (cuore del cromosoma) di mettersi in moto per raggiungere i poli della cellula e quindi di concludere il tipico ciclo cellulare con la formazione delle due cellule figlie. I processi di divisione cellulare avvengono milioni di volte al giorno nell’organismo umano, e sono alla base della crescita e del funzionamento di tutti gli organi. A beneficiare della scoperta non saranno solo gli oncologi, ma anche chi lavora per risolvere le patologie genetiche più debilitanti.
giovedì 16 luglio 2009
LO ZOO DEGLI INSETTI
Il primo zoo interamente dedicato agli insetti e ad altri invertebrati è stato inaugurato in questi giorni a Liverpool. È stato battezzato “BugWorld” e al suo interno è possibile incontrare 18mila animali fra esapodi, aracnidi e molluschi. «BugWorld resterà aperto tutti i giorni dalle 10 di mattina alle 7 di sera» ci fanno sapere i responsabili della struttura «tranne Natale e Capodanno. Il nostro scopo è quello di offrire al pubblico un’ampia finestra sul mondo degli invertebrati, tale da farci comprendere l’eccezionale biodiversità che li contraddistingue e l’importanza che molte specie hanno per l’uomo». Gli animali presenti sono vivi, si possono sfiorare con le dita, e soprattutto osservare nel loro habitat naturale; niente a che vedere, quindi, con i tipici musei di storia naturale dove gli invertebrati sono osservabili solo sotto spirito o su una lingua di cartone trafitta da uno spillo. Il progetto, curato da esperti dell’Università di Liverpool, prevede un percorso ideale attraverso vari ambienti naturali ricreati appositamente all’interno della struttura, per soddisfare le esigenze delle numerose specie ospitate. Nella cosiddetta “Rainforest zone” possiamo trovare il millepiedi gigante (Archispirostreptus gigas), il ragno golia (Theraphosa blondi), la mantide religiosa (Mantis religiosa); nella “Savannah zone” ci sono lo scarabeo stercorario (Stercorarius skua), la tarantola (Lycosa tarentula), varie specie di termiti fra cui le termiti dal collo giallo (Kalotermes flavicollis); nella “Desert zone” colpisce soprattutto la presenza dello scorpione imperatore (Pandinus imperator), del centopiedi del deserto (Scolopendra polymorpha), e dei flebotomi (Phlebotomus pappatasii); nella “Water zone” è possibile incontrare il gerride o insetto pattinatore (Gerridae Leach), le sanguisughe (Hirudo medicinalis), e parecchie specie di libellule; nella “Woodland zone” animali come il velenosissimo ragno dalla schiena rossa (Latrodectus hasselti), l’insetto stecco, le lumache; infine nella “Garden zone” il contatto è assicurato con vermi di ogni tipo, coccinelle e bruchi. Al termine del percorso BugWorld offre l’opportunità di fermarsi in un punto ristoro dove vengono serviti piatti esclusivamente a base di insetti. Inoltre è possibile visionare filmati e consultare manuali dedicati al mondo degli invertebrati. «È senz’altro una bella iniziativa che in Italia non abbiamo ancora avuto modo di inaugurare» ci racconta Maurizio Pavese, entomologo del Museo di Storia Naturale di Milano. «In ogni caso, va tenuto presente che, allestire una struttura del genere, è un’impresa tutt’altro che semplice: molti animali hanno infatti bisogno di condizioni ambientali molto particolari non sempre facili da assicurare». Presso i 18 ettari del Bioparco di Roma - dove sono ospiti più di mille animali appartenenti a 200 specie diverse - c’è però una piccola area destinata a insetti, aracnidi e molluschi, inaugurata all’inizio del 2009: «Abbiamo vari animali di questo genere fra cui insetti stecco, insetti foglia, blatte fischianti del Madagascar e aracnidi come la migale cilena» spiega Massimiliano Di Giovanni, del settore scientifico del Bioparco. «Il nostro scopo è soprattutto quello di far superare alle persone i pregiudizi verso questo tipo di animali, troppo spesso giudicati erroneamente pericolosi o ripugnanti».
(Pubblicato su Libero il 16 luglio 09)
(Pubblicato su Libero il 16 luglio 09)
mercoledì 15 luglio 2009
105 giorni di isolamento. Cominciati i test per la conquista di Marte
After months sealed in an isolation chamber, participants in a simulated mission to Mars emerged into a muggy Moscow afternoon on Tuesday, completing what international scientists hope is a small step toward a staffed mission to the red planet. The six participants — four Russians, a German soldier and a French airline pilot — spent 105 days locked in a series of hermetically sealed tubes as part of the Mars-500 project at the Institute of Biomedical Problems here. An actual staffed mission, if one occurs, could be decades off, but Russian scientists and officials said the Mars-500 project, which will culminate in a 520-day isolation experiment scheduled to start next year, was an indication of Russia’s revitalized role in space exploration after years of struggling to keep a foothold in orbit. “At this time we are moving from the era of preserving Russia’s place in space to its advancement,” Vitaly A. Davydov, the deputy chief of the Russian Federal Space Agency, said at a news conference. “This is a promising project that will guarantee the orbital deployment of equipment that will fly to the moon and Mars.” The Mars-500 crew conducted about 70 experiments, testing psychological and physical reactions to long-term isolation similar to that expected during interplanetary space travel. A real mission to Mars would last more than 500 cramped, lonely days, most of which would be spent in transit. Adding to the isolation are communication delays with Earth that last up to 20 minutes. The international team of scientists drawn from Europe and the United States involved with Mars-500 is seeking ways to avoid the mental breakdowns or worse that could result from such prolonged monotony in part simply by locking people into the Soviet-era isolation chamber and observing what happens. “From day to day, the work did not stop for a second,” Aleksei V. Baranov, the mission physician, said after the crew was let out. “In those minutes when you could relax, you remembered that you were not at home, that you were far from your loved ones, that every day you were supposed to wake up early and work, work, work,” he said. “This is difficult to be psychologically prepared for: unceasing, monotonous work.” Crew members said that tensions were at times unavoidable, though no major conflicts occurred. Project organizers, meanwhile, declared the mission an overall success, but said detailed results from the experiment would be available only after several weeks of analysis. “The results of this experiment show that the basic principles on which we based this experiment were proven correct,” said Boris V. Morukov, the experiment’s director and a former crew member on the International Space Station.
(NYT)
Sperimentato sui topi un farmaco che dimezza il grasso in sette giorni
Un nuovo farmaco, per ora testato solo sui topi, promette di dimezzare il grasso corporeo di una persona in appena una settimana. Stando infatti agli scienziati dell’Università dell’Indiana che l’hanno approntato, a sette giorni dall’assunzione del nuovo farmaco, nei topi il peso si riduce di un quarto, e il grasso complessivo del 42%. Dopo un mese il calo del grasso corporeo è del 63%. Da un punto di vista chimico il nuovo farmaco selezionato corrisponde a un ormone in grado di regolare il metabolismo del glucosio. “È in pratica un ormone artificiale – rivela Richard Di Marchi sulla rivista Nature Chimical Biology -. Finora nessun farmaco è stato capace di ridurre il peso di un essere vivente più del 5-10%”. Fra una decina d’anni potrebbe entrare in commercio una nuova rivoluzionaria pillola contro l’obesità.
(Pubblicato su Libero il 15 luglio 09)
I "figli" delle mamme capodogli? Lasciati all'asilo o alla baby-sitter
L’asilo? Esiste anche nel mondo dei capodogli. Lo afferma Shane Gero, studioso della Dalhouse University in Scozia. Lo scienziato ha osservato i capodogli in due punti distinti del pianeta: il mar dei Caraibi e il mar dei Sargassi. Nel primo mare ha notato che quando le mamme capodoglio vanno in cerca di cibo (seppie e calamari), lasciano i propri piccoli in custodia ad altre femmine adulte che, in pratica, si comportano come maestre d’asilo (e provvedono anche all’allattamento dei nuovi nati). Nel mare dei Sargassi, invece, dove il numero di questi mammiferi è più esiguo, l’asilo non c’è, ma ci sono dei parenti stretti che si prendono cura dei figli della mamme capodoglio impegnate altrove. Nella maggiore parte dei casi, come accade nell’uomo, si tratta dei nonni; qualche altra volta di parenti più alla lontana che quindi finiscono per svolgere a tutti gli effetti il ruolo di babysitter. La necessità di riunire gli esemplari più giovani in gruppi che poi vengono seguiti a vista dai grandi, è dovuta al fatto che molto spesso i capodogli appena nati cadono vittime delle orche, mammiferi particolarmente voraci.
(Pubblicato su Libero il 15 luglio 09)
(Pubblicato su Libero il 15 luglio 09)
martedì 14 luglio 2009
Ecco come funziona la memoria olfattiva
Scoperto il segreto della memoria olfattiva, capacità del cervello di rivivere un determinato ricordo solo sentendo un profumo, un’essenza, un odore. La scoperta potrebbe portare a nuove condotte terapeutiche per vincere la demenza senile. Studiosi dell’università di Cleveland hanno visto che esistono dei neuroni del tutto particolari chiamati “neuroni stella”. Questi ultimi sarebbero diversi da tutti gli altri e consentirebbero in particolare di amplificare enormemente il segnale olfattivo proveniente dall’ambiente. I neuroni sono le tipiche cellule del cervello costituite da un corpo centrale detto nucleo e da una serie di ramificazioni dette assoni. È in questa sede che è stata riscontrata la differenza tra i neuroni stella e le altre cellule cerebrali. Gli assoni dei primi sarebbero infatti molto più lunghi degli altri e quindi consentirebbero anche un trasporto di “informazioni” più efficiente. Dove si trovano i neuroni stella? In un’area ben precisa dell’organo cerebrale chiamata bulbo olfattivo. Qui i profumi percepiti vengono indirizzati all’ippocampo dove ha luogo l’elaborazione vera e propria del ricordo. Secondo gli scienziati l’esperienza delle emozioni legata all’odore è alla base del processo di apprendimento degli organismi viventi dotati di olfatto. È così importante per la sopravvivenza, che le memorie olfattive sono tramandate per via genetica, di generazione in generazione. Gli studiosi di Cleveland infine dicono che la scoperta potrebbe aiutare a risolvere in futuro l’Alzheimer. Questo perché uno dei primi sintomi dei malati di demenza senile è proprio quello di non riuscire più a collegare correttamente una determinata essenza a un’esperienza vissuta.
Caldo sì, ma senza record
Per le prossime due settimane è previsto un caldo intenso, ma non eccezionale. Non si ripeterà, quindi, il caldo torrido e opprimente del 2003 (l’estate più calda del secolo), e nemmeno quello del 1994 e 1998 (fra le estati più calde degli ultimi anni). È il parere di Alessio Grosso, di Meteolive.it. «Farà molto caldo per i prossimi 15 giorni, ma nulla di drammatico» dice Grosso «I picchi di calore si registreranno soprattutto in Sardegna dove, in alcune località, la temperatura potrà passare i 40 gradi. Farà comunque caldo in tutto il centro-sud e in pianura padana. Mentre lungo la catena alpina si potranno registrare dei temporali». Dello stesso parere Vincenzo Condemi, biometeorologo dell’Università di Milano il quale aggiunge che «a causa dell’alto tasso di umidità la percezione del calore sarà più elevata del normale». Secondo gli studiosi aspettarsi dei giorni molto caldi in questo periodo dell’anno - definito il più stabile da un punto di vista meteorologico - è inevitabile. Ma è necessario non creare allarmismi. Con i dovuti accorgimenti, infatti, chiunque può superare senza problemi queste due settimane di afa. Ci sarà una tregua sabato, per l’arrivo di alcuni temporali, soprattutto nelle regioni del nord, poi però la colonnina del mercurio tornerà a salire: «Prevediamo caldo fino al 25-26 luglio» ci spiega Grosso «dopodiché i valori rientreranno nella norma. Per agosto prevediamo addirittura un mese piuttosto fresco». Queste considerazioni smentiscono le previsioni fatte dagli inglesi a primavera in cui si diceva che avremmo avuto un’estate terribilmente calda: «Gli inglesi predissero un gran caldo in Inghilterra e nelle regioni del centro Europa» aggiunge Grosso. «In realtà questa previsione (fortunatamente) non si è verificata. E anche in Italia le previsioni anglosassoni non hanno ancora trovato conferma». È l’ennesima prova del fatto che effettuare previsioni meteorologhe con largo anticipo lascia il tempo che trova. Ma cosa sta succedendo di preciso dal punto di vista meteorologico? «Sta avvenendo ciò che si verifica ormai da 7-8 anni» spiega Giampiero Maracchi del Cnr. «L’anticiclone della Libia che un tempo rimaneva confinato alle regioni africane, da un po’ di tempo a questa parte (dai primi anni del Duemila) sta invadendo nuove regioni poste più a nord, Italia compresa. In pratica si sta allargando la fascia tropicale». Significa che le temperature estive che un tempo erano mediamente comprese fra 32 e 33 gradi, oggi subiscono un incremento di 4-5 gradi, arrivando quindi a sfiorare i 40 gradi. «È l’anticiclone che sorge a ridosso delle isole Canarie, del Portogallo e della Spagna» precisa Grosso «e che richiama aria africana verso le nostre regioni». In questi giorni di gran caldo è dunque importante sapere come proteggersi dalle alte temperature e dall’umidità. L’avvertimento è rivolto soprattutto alle categorie più a rischio, anziani e bambini. «A queste persone consigliamo innanzitutto di tenere ben idratato il corpo» dice Annalisa Cavedon, medico specialista in geriatria presso il Polo geriatrico riabilitativo di Milano. «Gli anziani, in particolare, dovrebbero bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno. Inoltre è indispensabile evitare di uscire durante le ore più calde della giornata. Infine l’alimentazione deve essere leggera: vanno bene frutta e verdura, mentre andrebbero eliminati i cibi grassi».
(Pubblicato su Libero il 14 luglio 09)
(Pubblicato su Libero il 14 luglio 09)
lunedì 13 luglio 2009
Boom di meduse nei mari del mondo. Sotto accusa concimi e pesca illegale
Andare al mare significherà sempre più spesso fare i conti con le meduse, animali che in alcuni casi possono addirittura provocare la morte di un uomo. È il parere di Jacqueline Goy dell’Istituto oceanografico di Parigi. Secondo Goy le acque di mari e oceani si stanno arricchendo a dismisura di questi scifozoi a causa dei concimi e della pesca indiscriminata. Nel primo caso il riferimento è a eccessive quantità di fertilizzanti che dai campi coltivati finiscono ai fiumi e dai fiumi al mare: le sostanze azotate che li compongono costituiscono l’alimento ideale per fitoplancton e zooplancton che, crescendo di numero, offrono a loro volta cibo in quantità alle meduse. Nel secondo si ha che fare con pescatori che, non autorizzati, sterminano intere colonie di pesci: in questo frangente le meduse si sviluppano oltremisura perché vengono a mancare i loro predatori naturali. Intanto, in Giappone, degli scienziati si sono riuniti a Tokyo per individuare stratagemmi utili nella lotta contro il fenomeno dell’invasione di meduse giganti. Questi scifozoi, lunghi fino a due metri di lunghezza e dal peso di oltre due quintali, hanno invaso le acque del Mar del Giappone, tra l’arcipelago e la penisola coreana. “Siamo in presenza di una vera invasione di ‘extraterrestri’ nelle acque marine. Le meduse giganti sono un ostacolo sempre più grave alla quotidiana attività di pesca - hanno spiegato i ricercatori. Le meduse di Nomura che affliggono il Sol Levante non sono comunque mortali come la Caravella portoghese o le meduse cubo.
UFO: record di avvistamenti in Inghilterra
Strange floating orbs and unexplained hovering objects have all been recorded and reported to the Ministry of Defence in the last six months. A total of 231 sightings of unidentified flying objects have been passed on to the MoD so far this year, according to The Sun. This compares to 285 in 2008, 135 in 2007 and 97 in 2006. The number of sightings is thought to have increased because many more people now carry digital cameras and are able to photograph strange objects. Nick Pope, who used to run the Government's UFO project and is considered a leading authority on UFOs, told The Sun: "We are now on track for a record year. "I thought the number of UFOs reported last year was high, but we now know they are being reported in increasing numbers”.
(Immagine: un Ufo ripreso dai tecnici della Nasa)
(Immagine: un Ufo ripreso dai tecnici della Nasa)
domenica 12 luglio 2009
MANGROVIE BABYSITTER
Le mangrovie, tipiche piante acquatiche delle regioni tropicali, si comportano come babysitter: accudiscono, offrono cibo, e fanno compagnia agli animali che vivono nell’oceano. Ciò si riferisce soprattutto agli esemplari più giovani, che ancora non conoscono le insidie del mare. Lo sostengono gli studiosi dell’università di Exter nel Regno Unito, i quali hanno osservato più di 100mila animali, riconducibili a 64 specie, al largo delle coste messicane e del Belize. Dai loro studi è emerso che, se non ci fossero le mangrovie, i pesci migrerebbero verso la barriera corallina prima di aver completato la crescita, correndo il rischio di finire in pasto a pesci più grossi. Le comunità di mangrovie sono quindi importantissime per il delicato ecosistema costiero. In più favoriscono l’estensione delle coste, proteggendo i litorali da fenomeni erosivi e tempeste tropicali. Il pericolo è che vengano distrutte: magari per creare allevamenti ittici o per produrre carbone.
Il colore della lingua svela i segreti della nostra salute
Dimmi che lingua hai e ti dirò da quale malattia sei afflitto... Grigia. Vuol dire che si è alterata la concentrazione del fungo candida albicans. Ciò accade quando è in corso un’infiammazione intestinale. Bianca. I casi sono due: o si è esagerato con il mangiare o non si può fare a meno delle sigarette. Rossa. Qui il rischio è quello di essere anemici. In casi del genere si è di fronte a un organismo povero di vitamina B12 o ferro. La lingua rossa indica anche ulcera. Nera. Chi ha la bocca nera significa che ha scarsa cura della propria igiene orale. Il pericolo sono infiammazioni alle gengive, carie. Giallastro e patinoso. Infiammazione e secrezione eccessiva per la presenza di troppa bile. Accumulo di grassi, soprattutto derivati da pollame, uova e derivati del latte. Bluastro, violaceo. C’è stato un alto consumo di frutta e succhi di frutta, bibite dolci, prodotti chimici, medicine e droghe, zucchero in generale. Se sulla lingua compaiono pustole possono essere provocate da un eccesso di proteine, zuccheri o grassi, animali o vegetali. Sull’argomento è tornato la rivista OkSalute dopo aver verificato la perdita della buona abitudine della maggior parte dei medici di rivolgersi ai pazienti con la nota richiesta “apri la bocca e fai aaaa…”.
sabato 11 luglio 2009
La nazionale italiana ai mondiali della Fisica
Stabilizzare le cariche elettriche in un modello atomico di Thompson (fisico dei primi del Novecento), basandosi sul fatto che ci sono particelle atomiche che si attraggono e altre che si respingono, tramite complicati calcoli fisici e matematici. È con problemi di questo tipo, e altri probabilmente molto più complessi - per la maggior parte di noi incomprensibili o quasi - che dovranno vedersela da oggi fino al 19 luglio quasi quattrocento giovani dai 16 ai 20 anni, in occasione della 23esima edizione delle Olimpiadi della Fisica. I partecipanti, provenienti da 86 Paesi diversi, si incontreranno a Merida, in Messico, e si sfideranno, appunto, a suon di esercizi e rompicapo. «Scopo dell’iniziativa» ha spiegato ieri a Milano Giuliana Cavaggioni, responsabile nazionale dell’AIF (Associazione per l’insegnamento della fisica) «è innovare i metodi di insegnamento di questa materia e soprattutto offrire una motivazione agli studenti più interessati valorizzando le eccellenze».
I finanziamenti alla scuola
Eccellenze che poi, almeno per quanto riguarda l’Italia, quasi sicuramente si trasferiranno all’estero, perché da noi non troveranno un adeguato posto di lavoro: «In realtà, se si continuano a tagliare i finanziamenti alla scuola e all’università» aggiunge Paola Campadelli, preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di Milano «fra poco non saremo più in grado di formare studenti davvero capaci, apprezzati all’estero, ma necessari anche in Italia». Fra i Paesi più temuti per la competizione c’è la Cina, dove i ragazzi delle superiori si preparano con grande impegno a questo tipo di appuntamenti. In Europa, invece, sono di solito i francesi a spuntarla. Più simili all’Italia sono il Giappone e la Corea. Saranno, dunque, cinque i giovanissimi italiani - selezionati fra oltre 50mila studenti delle superiori - che prenderanno parte alle Olimpiadi della Fisica. Si sono incontrati più volte durante le selezioni per partecipare alla superfinale messicana, e ormai sono diventati ottimi amici. Questi i loro nomi: Giuliano Chiriacò, Paolo Comaschi, Matteo Ippoliti, Stefano Rulli e Vittorio Sala.
I “magnifici” 5
Giuliano Chiriacò è il più piccolo dei cinque. Ha appena finito il quarto anno di superiori presso il liceo “Banzi Bazoli” di Lecce. «Le Olimpiadi della Fisica sono un buon motivo per avvicinare i giovani a questa materia che ormai seguono in pochi» dice Giuliano. «Perché mi piace la fisica? Perché con essa è possibile scoprire tutti i misteri dell’Universo e le meraviglie della natura». Paolo Comaschi ha 19 anni e ha da poco concluso gli esami di maturità al liceo “Cassini” di Genova. «Sono sempre stato appassionato di fisica» racconta «e per arrivare fin qui ho dovuto superare varie prove a livello locale, regionale e nazionale, comunque ne è valsa la pena. L’anno prossimo vorrei continuare a studiare fisica frequentando la facoltà di Pisa». Matteo Ippoliti è un altro 19enne e viene da Belluno, dove ha studiato al liceo scientifico “Galilei”. Anche lui ha in mente di frequentare i corsi universitari a Pisa: «Sono appassionato soprattutto di fisica teorica dove ho ottenuto i risultati più interessanti durante le selezioni nazionali» spiega Matteo. «Con le Olimpiadi spero di riuscire a ottenere un buon piazzamento anche per ciò che riguarda la fisica sperimentale». Vittorio Sala abita invece a Casatenovo, ha 18 anni, e si sta diplomando al liceo “Frisi” di Monza. «Il mio amore per la fisica lo devo in parte a un professore che ho avuto la fortuna di incontrare al liceo, e che ha saputo introdurmi a questa affascinante materia con grande abilità» commenta il ragazzo. «In realtà mi piacciono anche altre materie come la filosofia (della scienza) e le scienze della Terra. Per il futuro sono ancora indeciso: mi affascina la facoltà di fisica, ma anche lo studio delle nanotecnologie». L’ultimo dei cinque - 17enne come Giuliano - è Stefano Rulli del liceo “Fermi” di Bologna. «Non è solo la fisica ad appassionarmi, ma gran parte delle materie scientifiche, matematica compresa» dice Stefano. «La fisica, peraltro, si basa proprio sulla matematica e da essa, quindi, non si può prescindere. Fra le altre mie passioni ci sono lo sport, la musica e il cinema. L’anno prossimo frequenterò l’ultimo anno del liceo, poi deciderò il da farsi».
Nessuna ragazza
Dunque, fra i cinque partecipanti alle finali delle Olimpiadi del Messico, non ci sarà nemmeno una ragazza. Come è possibile? Credere che le ragazze siano meno preparate dei maschi nelle materie scientifiche è solo un luogo comune. Secondo uno studio condotto in Italia l’anno scorso, però, il vero motivo risiede nel fatto che le ragazze - durante le prove di fisica - ottengono di solito molti punteggi medi, a differenza dei maschi che invece ottengono punteggi più variabili, non solo medi, ma anche eccezionalmente alti o bassi. «Lo stesso fenomeno si riscontra in tutti i Paesi che partecipano alle Olimpiadi» conclude Cavaggioni «probabilmente in questa fascia d’età le ragazze sono meno portate alla competizione».
(Pubblicato su Libero l'11 luglio 09)
(Per info: http://www.aif.it/)
I finanziamenti alla scuola
Eccellenze che poi, almeno per quanto riguarda l’Italia, quasi sicuramente si trasferiranno all’estero, perché da noi non troveranno un adeguato posto di lavoro: «In realtà, se si continuano a tagliare i finanziamenti alla scuola e all’università» aggiunge Paola Campadelli, preside della Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali di Milano «fra poco non saremo più in grado di formare studenti davvero capaci, apprezzati all’estero, ma necessari anche in Italia». Fra i Paesi più temuti per la competizione c’è la Cina, dove i ragazzi delle superiori si preparano con grande impegno a questo tipo di appuntamenti. In Europa, invece, sono di solito i francesi a spuntarla. Più simili all’Italia sono il Giappone e la Corea. Saranno, dunque, cinque i giovanissimi italiani - selezionati fra oltre 50mila studenti delle superiori - che prenderanno parte alle Olimpiadi della Fisica. Si sono incontrati più volte durante le selezioni per partecipare alla superfinale messicana, e ormai sono diventati ottimi amici. Questi i loro nomi: Giuliano Chiriacò, Paolo Comaschi, Matteo Ippoliti, Stefano Rulli e Vittorio Sala.
I “magnifici” 5
Giuliano Chiriacò è il più piccolo dei cinque. Ha appena finito il quarto anno di superiori presso il liceo “Banzi Bazoli” di Lecce. «Le Olimpiadi della Fisica sono un buon motivo per avvicinare i giovani a questa materia che ormai seguono in pochi» dice Giuliano. «Perché mi piace la fisica? Perché con essa è possibile scoprire tutti i misteri dell’Universo e le meraviglie della natura». Paolo Comaschi ha 19 anni e ha da poco concluso gli esami di maturità al liceo “Cassini” di Genova. «Sono sempre stato appassionato di fisica» racconta «e per arrivare fin qui ho dovuto superare varie prove a livello locale, regionale e nazionale, comunque ne è valsa la pena. L’anno prossimo vorrei continuare a studiare fisica frequentando la facoltà di Pisa». Matteo Ippoliti è un altro 19enne e viene da Belluno, dove ha studiato al liceo scientifico “Galilei”. Anche lui ha in mente di frequentare i corsi universitari a Pisa: «Sono appassionato soprattutto di fisica teorica dove ho ottenuto i risultati più interessanti durante le selezioni nazionali» spiega Matteo. «Con le Olimpiadi spero di riuscire a ottenere un buon piazzamento anche per ciò che riguarda la fisica sperimentale». Vittorio Sala abita invece a Casatenovo, ha 18 anni, e si sta diplomando al liceo “Frisi” di Monza. «Il mio amore per la fisica lo devo in parte a un professore che ho avuto la fortuna di incontrare al liceo, e che ha saputo introdurmi a questa affascinante materia con grande abilità» commenta il ragazzo. «In realtà mi piacciono anche altre materie come la filosofia (della scienza) e le scienze della Terra. Per il futuro sono ancora indeciso: mi affascina la facoltà di fisica, ma anche lo studio delle nanotecnologie». L’ultimo dei cinque - 17enne come Giuliano - è Stefano Rulli del liceo “Fermi” di Bologna. «Non è solo la fisica ad appassionarmi, ma gran parte delle materie scientifiche, matematica compresa» dice Stefano. «La fisica, peraltro, si basa proprio sulla matematica e da essa, quindi, non si può prescindere. Fra le altre mie passioni ci sono lo sport, la musica e il cinema. L’anno prossimo frequenterò l’ultimo anno del liceo, poi deciderò il da farsi».
Nessuna ragazza
Dunque, fra i cinque partecipanti alle finali delle Olimpiadi del Messico, non ci sarà nemmeno una ragazza. Come è possibile? Credere che le ragazze siano meno preparate dei maschi nelle materie scientifiche è solo un luogo comune. Secondo uno studio condotto in Italia l’anno scorso, però, il vero motivo risiede nel fatto che le ragazze - durante le prove di fisica - ottengono di solito molti punteggi medi, a differenza dei maschi che invece ottengono punteggi più variabili, non solo medi, ma anche eccezionalmente alti o bassi. «Lo stesso fenomeno si riscontra in tutti i Paesi che partecipano alle Olimpiadi» conclude Cavaggioni «probabilmente in questa fascia d’età le ragazze sono meno portate alla competizione».
(Pubblicato su Libero l'11 luglio 09)
(Per info: http://www.aif.it/)
venerdì 10 luglio 2009
Stragi di falene per colpa di fari e lampioni
Falene a rischio estinzione. Sotto accusa l’inquinamento luminoso. Secondo gli esperti le luci di lampioni e fari per illuminare le notti italiane attirano a sé numerosi lepidotteri notturni. Le farfalle mettendosi in evidenza sotto i riflettori finiscono facile preda di animali come ragni e pipistrelli che ne fanno vere e proprie stragi. Giorgio Baldizzone, entomologo astigiano di fama internazionale per le sue ricerche sui micro-lepidotteri, ha verificato che l’illuminazione della statua del Cristo di Maratea provoca la morte di 5mila falene a notte. Ha però aggiunto che sono soprattutto altre le aree dove gli insetti notturni hanno vita più difficile: per esempio gli stadi, le centrali elettriche, aree urbane fortemente illuminate. Soluzioni? L’unica è quella di schermare i lampioni in modo che la luce si concentri verso il basso e sostituire le lampade con quelle a spettro ristretto o a luce rossa.
giovedì 9 luglio 2009
Animali infettati dall'uomo
Uomo e animali hanno in comune 816 infezioni. Ma mentre i passaggi di microrganismi patogeni dall’animale all’uomo sono noti – Ebola, Aids, Aviaria - non si può dire altrettanto di quelli che dall’uomo passano all’animale. Eppure il fenomeno sta mettendo seriamente a repentaglio l’esistenza di varie specie faunistiche: negli ultimi 15 anni le infezioni di animali selvatici derivanti direttamente o indirettamente dall’uomo sono più che raddoppiate. Le prime dimostrazioni di ciò arrivano da uno studio californiano condotto sulle lontre. È emerso che i famosi mustelidi, abitanti di quasi tutte le regioni del mondo, tranne i poli, si ammalano sempre più di frequente di toxoplasmosi, malattia tipica dell’uomo e dei gatti. Gli esperti hanno verificato che, laddove i bagnanti si vanno a tuffare di più, le lontre si ammalano tre volte tanto della patologia provocata dal parassita Toxoplasma condii. Una situazione analoga coinvolge anche l’Africa e le grandi scimmie. Qui l’uomo trasmette ai primati il morbillo. “In Ruanda, uno degli ultimi santuari del gorilla, è ormai un fatto noto il turista che fa a far visita agli animali nel loro ambiente naturale e li infetta – spiega a Ezio Ferroglio, docente di parassitologia presso la facoltà di veterinaria di Torino. E lo stesso avverrebbe anche con certi animali domestici: non è raro infatti che dei batteri presenti nelle mucose umane, particolarmente resistenti agli antibiotici, contagino gatti e cani comodamente accucciati in qualche angolo del salotto. “La letteratura scientifica accenna inoltre a episodi di tubercolosi aventi come vittime quattrozampe a contatto con uomini malati – aggiunge Sergio Rosati, docente di malattie infettive presso l’ateneo torinese. Indirettamente le infezioni provocate dall’uomo derivano soprattutto dall’inquinamento. È il caso dei leoni di mare. Questi ultimi soccombono a causa di virus e sostanze chimiche disciolte nelle acque. Sotto accusa soprattutto l’acido domoico. Gli animali ingerendolo in grosse quantità vengono colpiti da crisi epilettiche e tumori all’apparato urogenitale. Il 17% dei leoni marini muore così. Le foche sono intossicate da Pop, inquinanti derivanti dall’incenerimento dei rifiuti. Le orche dai pesticidi. I coralli da batteri killer che crescono a dismisura a contatto con determinati fosfati. Infine un occhio di riguardo ai salmoni. In questo caso a far paura sono le pulci d’acqua che, presenti negli allevamenti di salmoni, finiscono per infettare anche la fauna selvatica.
(Per info: http://www.personalweb.unito.it/ezio.ferroglio/)
(Per info: http://www.personalweb.unito.it/ezio.ferroglio/)
SPERMATOZOI ARTIFICIALI
Scienziati di Newcastle, in Inghilterra, hanno ottenuto sperma umano dalle cellule staminali. La scoperta potrebbe rivoluzionare la cura della sterilità maschile e aiutare un maggior numero di coppie ad avere figli. Secondo i ricercatori inglesi sarà possibile intervenire in modo efficace sull’uomo entro una decina d’anni. Gli esperti sono giunti a questo risultato coltivando cellule staminali di embrioni donati da coppie sottoposte a fecondazione assistita. Le cellule staminali sono state fatte crescere in un “terreno” particolarmente ricco di vitamine e altri elementi chimici. Si sono dapprima differenziate in cellule germinali e infine in spermatozoi, dopo un periodo di maturazione avvenuto tramite un processo biologico chiamato “meiosi”. Gli studiosi, però, fanno sapere che lo sperma ottenuto non è perfetto, benché abbia tutte le carte in regola per avviare un processo riproduttivo. La mobilità degli spermatozoi, infatti, prerogativa fondamentale per il concepimento, è scarsa. Attualmente il cosiddetto “In Vitro Derived Sperm” (sperma derivato in vitro, IVD) verrà utilizzato solo per approfondire gli studi sulla fertilità maschile, disturbo sempre più frequente. Stando infatti ai dati raccolti da scienziati dell’Università di Pisa, rispetto a 30 anni fa, oggi l’uomo produce meno spermatozoi: negli anni Settanta in un millimetro di sperma era possibile riscontrare 71milioni di spermatozoi, negli anni Duemila il dato è sceso a 60 milioni. L’infertilità maschile riguarda dunque un terzo delle coppie che non riescono ad avere figli. Sotto accusa l’inquinamento ambientale e lo smog. Secondo Karim Nayernia dell’Università di Newcastle il traguardo ottenuto grazie alle cellule staminali è dunque «un balzo in avanti importante nella ricerca scientifica e permetterà di studiare con precisione come nascono e si evolvono gli spermatozoi». In futuro, peraltro, si potrà addirittura ottenere sperma dalle cellule staminali femminili, il che consentirebbe a una donna di avere figli senza l’intervento dell’uomo. Più freddo il commento di Emilio Italiano, dirigente responsabile di andrologia, presso l’Azienda Ospedaliera “Villa Sofia” di Palermo: «Nonostante quanto pubblicato sia di grande rilevanza dal punto di vista scientifico, non dobbiamo dimenticare che nella pratica di fecondazione assistita, l’analisi accurata del corredo cromosomico e della capacità fecondante di questi spermatozoi da staminali, è ancora tutta da verificare e studiare, come gli stessi autori ammettono nell’articolo originale» spiega lo studioso. «Peraltro, in campo prettamente andrologico, la scoperta non modifica quanto sostanzialmente ottenibile in fecondazione assistita con spermatozoi da donatore, dato che ogni nazione ha una sua legislazione in merito. Come è noto in Italia la procreazione medico assistita (PMA) con seme di donatore esterno alla coppia è vietata dalla legge vigente». In ogni caso è la prima volta che degli scienziati riescono a creare spermatozoi umani partendo da cellule staminali. Prima d’ora gli spermatozoi dalle cellule staminali erano stati ottenuti solo nei topi. Nel 2006 - sempre a Newcastle - Nayernia riuscì in particolare ad ottenere una cucciolata di sette topolini, nati appunto dall’incontro fra cellule uovo normali e spermatozoi artificiali. La notizia relativa ai nuovi test di Nayernia, apparsa originariamente sulle pagine della rivista “Stem Cells and Development”, è stata ripresa ieri da tutti i principali tabloid inglesi. Gli scienziati di Newcastle hanno anche girato un video per dimostrare la vitalità degli spermatozoi creati in laboratorio.
(Pubblicato su Libero il 9 luglio 09)
(Per info: Karim Nayernia: karim.nayernia@ncl.ac.uk)
(Pubblicato su Libero il 9 luglio 09)
(Per info: Karim Nayernia: karim.nayernia@ncl.ac.uk)
mercoledì 8 luglio 2009
Un buco nero di taglia M, scoperto a 290 milioni di anni luce dalla Terra
Un trou noir qui fait plus de 500 fois la masse du Soleil, intermédiaire entre le trou noir qui se forme après la mort d’une étoile massive et le trou noir supermassif que l’on trouve au centre de la plupart des galaxies: c’est ce «chaînon manquant» que vient d’observer une équipe internationale menée par des chercheurs du Centre d’Etude Spatiale des Rayonnements de Toulouse. Cette première a été réalisée grâce à des observations du satellite XMM-Newton de l’ESA. Ce résultat sera publié dans le magazine Nature du 02/07/2009. Les astrophysiciens ont montré qu’il existe deux types de trous noirs: les trous noirs supermassifs au centre des galaxies, de plusieurs millions à plusieurs milliards de masses solaires; et les trous noirs de masse stellaire, de 3 à 20 masses solaires, qui sont les restes des étoiles massives. Peut-il y avoir des trous noirs de masse intermédiaire, d’une centaine de masses solaires à quelques centaines de milliers de masses solaires? Ces trous noirs de masse intermédiaire pourraient-ils, en s’agglomérant, former les trous noirs supermassifs du centre des galaxies ? Ces questions jusqu’à présent restaient sans réponse car aucun trou noir de masse intermédiaire n’avait été clairement identifié. Une équipe internationale menée par des chercheurs du Centre d’Etude Spatiale des Rayonnements (INSU-CNRS, Université Paul Sabatier) a analysé des données de XMM-Newton, l’observatoire spatial en rayons X de l’Agence Spatiale Européenne et détecté une source dont l’émission en rayons X semblait être celle d’un trou noir. Cette source baptisée HLX-1 se situe dans la périphérie de la galaxie ESO 243-49, à 290 millions d’années-lumière de nous. Sa luminosité en rayons X est exceptionnelle: à peu près 260 millions de fois la luminosité totale du Soleil. Mais sa position excentrée exclut qu’elle soit associée au noyau central de la galaxie. Grâce à deux observations effectuées le 23 novembre 2004 et le 28 novembre 2008 avec XMM-Newton, l’équipe a montré qu’HLX-1 était variable, ce qui permet d’exclure qu’elle soit la superposition de multiples sources X. La luminosité extrême, ainsi que les propriétés de l’émission X observée ne peuvent alors s’expliquer que par la présence d’un trou noir d’une masse supérieure à 500 masses solaires. Ceci fait d’HLX-1 le candidat le plus solide détecté à ce jour de la classe si longtemps recherchée des trous noirs de masse intermédiaire. Les trous noirs supermassifs sont omniprésents au centre des galaxies; notre Galaxie, la Voie lactée, n’échappe pas à la règle. Pourtant leur mécanisme de formation est encore une question ouverte. La découverte d’HLX-1 constitue donc une étape essentielle qui permettra de mieux comprendre si, et comment, les trous noirs de masse intermédiaire jouent un rôle dans la formation des trous noirs supermassifs .
(Per info: Philippe Chauvin. Tél. : +33 (0) 1 44 96 43 36 - philippe.chauvin@cnrs-dir.fr)
Sfatato il mito della "pancia da birra". L'addome cresce per fattori genetici
Uno studio condotto su 20mila persone sfata il mito della “pancia da birra”. Stando infatti a un team di studiosi del German Institute of Human Nutrition il pancione tipico di chi ama bere la nota bevanda a base di orzo, non è dovuto all’eccessivo consumo di alcol, ma a un fattore genetico che spingerebbe ad accumulare chili nella zona addominale del corpo. Dopo quasi dieci anni di studi gli scienziati hanno quindi verificato che la birra fa sì aumentare di peso, ma in senso generale, coinvolgendo parti diverse dell’organismo e non solo la pancia. La circonferenza addominale rimane invariata nel tempo anche in chi consuma due pinte di birra al giorno. Detto questo, Madlen Schütze, a capo della ricerca, precisa però che, in ogni caso, “alzare troppo il gomito” predispone l’organismo a numerosi disturbi soprattutto di natura cardiovascolare.
(Pubblicato su Libero l'8 luglio 09)
(Pubblicato su Libero l'8 luglio 09)
martedì 7 luglio 2009
SCIENZIATI CONTRO ANTENATI
Cartoni animati e film per bambini nel mirino degli scienziati. Succede in Inghilterra dove James Williams, dell’Università del Sussex, punta il dito contro programmi televisivi che (indirettamente) appoggerebbero il creazionismo, a scapito delle consolidate teorie di Charles Darwin. Fra questi ci sono, per esempio, i famosi Flintstones, nati negli anni Sessanta e prodotti da Hanna & Barbera. In questi cartoni animati non si tiene conto della cronologia, per cui animali vissuti milioni di anni fa (immaginiamo un Tyrannosaurus rex) vengono messi sullo stesso piano di uomini vissuti qualche migliaio di anni fa: i dinosauri hanno prosperato fino a 64 milioni di anni fa, le forme australopitecine - gli ominidi più antichi - non vanno oltre i 3,5 milioni di anni, mentre l’Homo sapiens, addirittura, non compare prima di 200mila anni fa. Sotto accusa anche altri programmi, appoggiati dai creazionisti nelle scuole inglesi, come il cartone Barney & Friends e il film One Million Years BC. E pure alcuni testi letterari corredati da immagini controverse: dai dinosauri che soccombono alle onde del Diluvio universale agli animali che convivono pacificamente con l’uomo nel Giardino dell’Eden. Tutte ricostruzioni che risultano scientificamente inaccettabili, ma teologicamente verosimili. La convivenza fra specie vissute in epoche completamente differenti, infatti, può essere giustificata solo accettando il fatto che Dio abbia creato la vita in un solo giorno. Ed ecco quindi che la questione riapre la polemica, peraltro mai chiusa, tra creazionisti e darwinisti. I primi sono convinti che Dio abbia creato il mondo in sei giorni, e gli esseri viventi in un solo giorno (il sesto). Mentre i secondi, fedeli alle leggi del naturalista inglese, ritengono che l’uomo sia il risultato di un lungo cammino evolutivo iniziato 3,5 miliardi di anni fa, partendo da un microrganismo. «Questa intenzionale distorsione della realtà scientifica a favore delle pseudoscienze è un autentico abuso intellettuale» dice Williams. «Le teorie creazioniste trovano ampio spazio nelle scuole primarie, lo stesso, però, dovrebbe accadere con le principali teorie scientifiche». Dello stesso parere di Williams è David Caramelli, docente di antropologia molecolare presso l’Università di Firenze, secondo il quale «in effetti alcuni programmi tv possono snaturare la comprensione della storia evolutiva dell’uomo. Peraltro, oggi, l’attenzione verso discipline come la biologia evoluzionistica è scarsissima». Secondo Marco Ferraguti, invece, biologo evoluzionista dell’Università di Milano «il problema non è tanto nel messaggio che i cartoni veicolano (i piccoli non hanno il senso del tempo), ma nel fatto che ci sono creazionisti pronti a sfruttare qualsiasi spunto per affermare le loro idee, illudendo persone che hanno una scarsa competenza scientifica». La posizione della chiesa, però, scagiona i doppi fini dei creazionisti e in un certo senso giustifica la presenza di certi stratagemmi educativi: «È una notizia che lascia il tempo che trova» commenta don Angelo Pellegrini, docente di Teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale con sede a Firenze. «Non c’è nessuna strategia da parte dei creazionisti, ma solo la volontà di divulgare materiale che possa far crescere nel migliore dei modi i più piccoli, soprattutto dal punto di vista morale. Sono importanti i libri scientifici, ma anche quelli contenenti una buona dose di fantasia. I libri scritti da Tolkien, per esempio, non hanno valore scientifico, ma sono ben accettati da tutti».
(Pubblicato su Libero il 7 luglio 09)
Effetto serra: nuovi insetti approdano in Inghilterra
Gli insetti conquistano nuove nicchie ecologiche in seguito alle variazioni delle temperature su scala globale. Lo dicono esperti inglesi dell’università di Manchester. Nel Regno Unito ha fatto la sua comparsa un emittero prima sconosciuto: si tratta della cosiddetta “cimicetta zolfo”. (Il nome scientifico è Nezara viridula, mentre il suo nome volgare è la conseguenza del caratteristico odore che emana in caso di minaccia). Originario delle zone a clima caldo di nord America, sud America e Africa, è una specie dannosa sia per le colture agricole, che per le specie protette. Possiede un apparato boccale pungente-succhiante con il quale inietta nei vegetali una saliva tossica. Quest’ultima altera la forma e il sapore delle parti destinate al consumo. Il controllo biologico della cimicetta zolfo è problematico in quanto i suoi nemici naturali sono assenti o poco efficaci. Anche l’impiego di insetticidi è complicato: il piretro ha un’azione poco energica e non è selettivo verso gli insetti utili, l’“azadiractina” è troppo costosa e il “rotenone” è eccessivamente tossico.
lunedì 6 luglio 2009
LA VENDETTA DEGLI ELEFANTI
Attaccano i villaggi e ingombrano le carreggiate bloccando la circolazione. In questo modo si vendicano di bracconieri e imprese che deturpano il territorio per ricavare materie prime per l’industria. Il riferimento è agli elefanti africani sempre più spesso al centro di fatti di cronaca concernenti l’uccisone o il ferimento di esseri umani. Una pubblicazione sulla rivista New Scientist mette in luce per la prima volta il fenomeno. Secondo i veterinari l’elefante non attacca l’uomo casualmente, ma appunto per vendetta. Ci sono piccoli di elefanti che, rimasti orfani in passato, ricordano il trauma subito, e cercano quindi l’occasione buona per avventarsi sull’uomo, responsabile del disagio patito. Dice Felicity De Zulueta, psichiatra del Maudsley Hospital di Londra che “separare prematuramente un elefante dalla sua tribù famigliare può avere effetti molto forti. Uno di questi potrebbe essere l’aggressività”. Specificatamente gli studiosi parlano di un disturbo ben preciso, il cosiddetto disturbo postraumatico da stress, tipico della specie umana. Con esso diventa impossibile liberasi di un brutto ricordo, che rimane quindi scolpito nella memoria ed è pronto a riemergere in ogni momento. Rivivendolo si subisce un forte disagio emotivo che porta a comportamenti insoliti, compreso quello di sfogarsi rabbiosamente contro qualcosa o qualcuno. Secondo gli scienziati colpisce gli elefanti perché sono dotati di grandi capacità mnemoniche: “Hanno sicuramente un’intelligenza e una memoria sufficienti a suscitare in loro istinti di vendetta - dice Joyce Poole, direttrice delle ricerche dell’Amboseli Research Project in Kenya. Ma le aggressioni non avvengono solo in Kenya o in Uganda, dove negli ultimi trent’anni si è avuta una riduzione di elefanti addirittura del 90%. Uno degli episodi più cruenti della “caccia all’uomo” da parte dell’elefante si è verificato in Bangladesh poco tempo fa. Nelle foreste del Rajasthali (350 km a sud est di Dacca) un gruppo di elefanti ha attaccato un villaggio uccidendo otto persone e distruggendo almeno una cinquantina di abitazioni.
(Per info: http://www.elephanttrust.org/)
(Per info: http://www.elephanttrust.org/)
Gli artisti del Paleolitico? Erano soprattutto donne
For thousands of years, these artworks have been credited as the genius of cave men. Scientists believed these artistic visions were dreamed up and executed by male hands. But after more than 25,000 years, the results of a recent study have indicated prehistoric female artists also helped to create the famous 'Spotted Horses' cave mural and various others. After re-analysing the hand stencils inside the Pech Marle and Gargas caves in France, an archaeologist from Pennsylvania State University has said that 'even a superficial examination of published photos suggested to me that there were lots of female hands there'. Speaking to National Geographic magazine, Professor Dean Snow discussed his findings in the French caves and in the El Castillo cave in Spain. Using modern hands, Snow compared proportions and assessed the handprints in the artwork. His findings suggest the woman's role in prehistoric society was much greater than previously thought. He said: 'I had access to lots of people of European descent who were willing to let me scan their hands as reference data.' Snow also examined stencils in the Gargas cave - also in France - and discovered the artwork there suppported his findings in Peche Marle. He said to the magazine: 'We don't know what the role of artists were in the Upper Paleolithic society (roughly 20,000 to 40,000 years ago) generally, but it is a step forward to be able to say that a strong majority of them were women.'
(Per info: http://www.care2.com/c2c/groups/disc.html?gpp=83&pst=1034869)
(Per info: http://www.care2.com/c2c/groups/disc.html?gpp=83&pst=1034869)
domenica 5 luglio 2009
Pesci a rischio, l'inquinamento fa nascere solo maschi
Pesci a rischio estinzione. L’inquinamento fa nascere sempre più individui di sesso maschile e di conseguenza la riproduzione di questi animali su scala globale risulta compromessa. Lo dicono i ricercatori dell’Unep, programma ambientale delle Nazioni Unite. Sotto osservazione le cosiddette “zone morte”, aree marine od oceaniche dove il livello di ossigeno è molto basso, e la sopravvivenza dei pesci è a repentaglio. Gli agenti chimici dissolti nelle acque filtrano nei tessuti degli animali provocando un incremento della quantità di testosterone. L’ormone crea un circolo vizioso tale per cui la fisiologia dei pesci viene alterata portando alla nascita di soli maschi. Gli studiosi hanno analizzato specificatamente colonie di pesce zebra. Hanno visto che il tasso di natalità maschile negli ultimi tempi è addirittura triplicata. Le “zone morte” dove il fenomeno è maggiormente visibile? Per esempio nel Golfo del Messico. Ma anche in mari europei come il Baltico, il nord dell’Adriatico e il Mare del Nord. Le “zone morte” oggi sono in tutto 150. Più di 30 si trovano nelle acque degli Stati Uniti. Lo studio, di prossima pubblicazione sulle pagine della rivista “Environmental Science and Technology”, è stato coordinato da Rudolf Wu, direttore del Centro per l’inquinamento costiero e per la conservazione dell’università di Hong Kong.
Boom di celiaci in Italia e nel mondo
Da cinquanta anni a questa parte gli intolleranti al glutine (malati di celiachia) sono quadruplicati. È il risultato di uno studio divulgato dalla rivista Gastroenterology (http://www.gastrojournal.org/). Secondo gli scienziati della Mayo Clinic (Usa) oggi soffre di celiachia una persona su 100. I numeri della malattia sono assimilabili a quelli dell'artrite reumatoide e del diabete. Difficile, però, spiegare il motivo di questo incremento. Il fenomeno riguarda anche l'Italia dove ogni anno vengono effettuate 5mila nuove diagnosi e nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10%. Fra i sintomi tipici della patologia ci sono dissenteria, crampi addominali e perdita di peso. In molti casi la celiachia viene confusa con altre patologie come il morbo di Crohn o l'anemia.
Cerotto antidiabete
Un nuovo e utile strumento promette di contrastare meglio il diabete di tipo 1, detto insulino-dipendente (o diabete giovanile), patologia in continua crescita nel mondo (l’incidenza sotto i 15 anni è addirittura quadruplicata negli ultimi decenni). Si tratta del cosiddetto “OmniPod”, una pompa-cerotto per l’erogazione di insulina, wireless e tubeless (priva cioè di fili e tubi). Se tutto andrà come previsto dovrebbe arrivare in Italia nel 2010. «Siamo contenti che arrivi anche in Italia» dice a Libero Emanuele Bosi, primario diabetologo del San Raffaele di Milano. «In America questo strumento ha riscosso molto successo, soprattutto tra i bambini e gli adolescenti colpiti dal diabete di tipo 1». La pompa-cerotto viene applicata sull’addome, sulla gamba o sul braccio e si attiva con un palmare. L’insulina viene infusa nell’organismo tramite un minuscolo aghetto, assolutamente indolore. “OmniPod”, attraverso una infusione continua, consente un più facile controllo delle concentrazioni di zuccheri nel sangue, senza ricorrere alle iniezioni quotidiane (né a cateteri). Esiste inoltre la possibilità di combinare “OmniPod” con un altro dispositivo denominato sensore, in grado di leggere in continuo il valore della glicemia che poi compare in un visore. “OmniPod” è usa e getta e ha una durata di tre giorni: passato il terzo giorno la terapia prosegue con un’altra pompa-cerotto. Secondo gli esperti della Insulet Corporation del Massachusetts (Usa) “OmniPod” funziona in ogni circostanza, piscina compresa. È solo controindicata nella sauna o bagno turco. «“OmniPod” non è una novità assoluta ma il perfezionamento di microinfusori già esistenti» continua Bosi. «A differenza degli altri strumenti quest’ultimo è di dimensioni più contenute e quindi più maneggevole, non ha fuoriuscite di fili o cateteri e quindi risulta più accettabile dal punto di vista estetico e psicologico». “OmniPod” non è però automatico. Deve essere programmato dal diabetologo o dal paziente stesso, in modo che l’erogazione di insulina possa avvenire secondo gli schemi e le dosi concordate proprio tra medico diabetologo e paziente. «Il microinfusore, di cui “OmniPod” rappresenta l’ultima evoluzione, è il sistema più avanzato ed efficace per la somministrazione di insulina, particolarmente indicato nei pazienti più giovani e nei casi più difficili. Occorre infatti ricordare» continua Bosi «che il controllo rigoroso delle concentrazioni del glucosio nel sangue rappresenta l’obiettivo primario della terapia del diabete, indispensabile per evitare la comparsa nel tempo delle complicanze croniche del diabete». Con “OmniPod”, infatti, lo scopo è soprattutto questo: mantenere costantemente sotto controllo il livello di zuccheri del sangue, evitando danni a reni, cuore, cervello, il vero problema di chi ha il pancreas che non produce più insulina. In futuro c’è l’idea di curare in questo modo anche il diabete di tipo 2 (diabete dell’adulto) che differisce dal tipo 1 in quanto il pancreas continua a produrre insulina, che tuttavia risulta meno efficace dal punto di vista metabolico.
(Pubblicato su Libero il 5 luglio 09)
(Per info: http://www.myomnipod.com/)
(Pubblicato su Libero il 5 luglio 09)
(Per info: http://www.myomnipod.com/)
Iscriviti a:
Post (Atom)
-
Oggi praticamente ogni organo può essere trapiantato, consentendo la sopravvivenza (anche di molti anni) di individui altrimenti spacciati. ...
-
La maggior parte delle persone, quando parla al telefono o partecipa a una riunione, se ha a disposizione un foglio bianco e una biro, si ri...
-
Adamo: 930 anni. Set: 912. Noè: 950 anni. Matusalemme: 969 anni... Sono gli anni che avevano alcuni dei più importanti personaggi della Bibb...