Estate,
tempo di tradimenti. Durante la bella stagione sempre più coppie scoppiano
perché uno dei due partner flirta con un estraneo. Il fenomeno è tanto diffuso
da riaccendere un quesito mai sopito: davvero la monogamia è una prerogativa
della specie umana? Secondo varie religioni non c’è dubbio, tuttavia il
modernismo, la rivendicazione dei diritti femminili, e numerose altre conquiste
a livello sociale da parte di ambo i sessi, hanno scardinato completamente
questo principio, arrivando a sospettare che la monogamia sia una forzatura, e
che la specie umana non sia “programmata” per avere un solo compagno/a nella
vita. Ora, però, un nuovo studio sembra ridare animo al vecchio paradigma,
rivelando che la nostra specie è arrivata così in alto nel suo cammino evolutivo,
proprio perché a un certo punto dell’evoluzione è entrata in gioco la
monogamia. Senza sarebbe rimasto allo stato brado, vivendo né più né meno come
i numerosi altri vertebrati e invertebrati che caratterizzano il nostro
pianeta. La monogamia, infatti, ha creato i presupposti per evitare che
individui esterni a un determinato nucleo familiare, potessero sterminare un
clan, accanendosi in particolare sui più piccoli, il futuro della specie; per
evitare gli infanticidi.
A
queste conclusioni è giunto Christopehr Opie, antropologo dell’University
College of London, dopo aver analizzato il comportamento di 230 specie di
primati e valutato il numero di infanticidi. È emerso che un terzo di essi
osserva la monogamia e che laddove è presente, le chance di sopravvivenza per i
più piccoli sono maggiori. Secondo Opie la monogamia è una conquista evolutiva
relativamente recente, essendosi affermata su per giù 16 milioni di anni fa,
circa 40 milioni di anni dopo l’avvento del primo primate. La scoperta di Opie
trova conferma negli studi di Sergey Gavrilets, biologo evoluzionista
dell’Università di Knoxville, secondo il quale «la “parità dei sessi” ha
rappresentato la maggior transizione in termini di evoluzione, che ha
fortemente alterato la traiettoria evolutiva della nostra specie». Mentre uno
studio condotto dalla University of British Columbia, ha evidenziato che la
poligamia è direttamente proporzionale all’incremento della criminalità (poiché
solo i più abbienti possono ambire a un ampio parterre femminile).
Il
discorso trova un’ideale corrispondenza antropologica con la menopausa
femminile, tipica della nostra specie. A un certo punto dell’evoluzione è
comparso anche questo aspetto fisiologico, per consentire l’affermazione
sociale della nonna, in grado di dedicare tutte le sue forze ed energie alle
cure parentali, incrementando progressivamente le possibilità di sopravvivenza
della propria discendenza; è stato dimostrato da uno studio condotto nel 2003,
da un team di ricercatori della UCLA di Los Angeles, che ha osservato per lungo
tempo il comportamento delle sessantenni degli Hazda, tribù della Tanzania, che
si sarebbe già estinta senza il contributo di energiche e instancabili
vecchiette. La cosiddetta “teoria della nonna” è però stata messa in discussione
proprio pochi giorni fa, in seguito a una ricerca che dice che la menopausa
sarebbe sopraggiunta in seguito alla tendenza naturale del maschio di
accoppiarsi con donne giovani: a lungo andare il fenomeno avrebbe portato
all’infertilità della donna matura, per consentire accoppiamenti teoricamente
più “produttivi”.
In
ogni caso, senza la monogamia e la menopausa, l’uomo conserverebbe ancora oggi
i caratteri primitivi di specie che alla “qualità procreativa”, dalla notte dei
tempi sostituiscono la quantità. Ecco perché pesci e anfibi (e naturalmente
tutti i taxa inferiori come gli insetti), comparsi molto prima dei mammiferi,
producono un numero eccezionale di uova da cui nascono molti piccoli che, però,
solo in una bassissima percentuale raggiungono l’età adulta. Le eccezioni
riguardano gli uccelli, dove, nel 90% dei casi, la monogamia è routine. Ma è
ammesso il “tradimento”, fondamentale per aumentare la fitness riproduttiva.
Dopo una scappatella la coppia si ricompone senza problemi, assicurando alla prole
un degno futuro.
Specie
monogame:
Pinguino
Sono
state osservate coppie fedeli per più di dieci anni (16 anni, il record). Il
fenomeno è stato studiato molto bene nei pinguini di Magellano, specie tipica
delle coste marine del Sud America. Per
giungere a questo risultato gli studiosi hanno utilizzato bande elettroniche
direttamente collegate ai satelliti, in grado di monitorare gli spostamenti di
singoli individui.
Lupo
È
la specie monogama per eccellenza, un’eccezione nell’ambito dei mammiferi (esclusi
i primati). La coppia di lupi può durare anni, e in certi casi un’intera vita.
Alla morte del “partner” è difficile che l’animale formi una nuova famiglia.
Diviene spesso misantropo o un capo branco, ma raramente “tradisce” il primo
amore.
Aquila
È
fra gli uccelli più fedeli in assoluto, arrivando a legarsi a un compagno/a per
tutta la vita. È una strategia indispensabile alla loro sopravvivenza: mentre
uno dei due caccia, l’altro cura la prole. Quando, però, uno dei due partner
muore, l’altro ci mette pochissimo a riformare una nuova famiglia.
Cavalluccio marino
La
curiosissima forma dell’animale trova corrispondenza nell’attitudine del
cavalluccio marino a formare coppie stabili, che nel mondo dei pesci è
pressoché inesistente. È una questione di sopravvivenza, poiché le uova, dopo
la deposizione, vengono protette dal “marsupio” maschile, fino al momento della
schiusa.
Panda
La
loro monogamia è dettata anche dal fatto che abitano un territorio molto vasto,
ma in pochissimi esemplari; di conseguenza i casi di coppie stabili e
consanguinee sono molto frequenti. Il panda gigante ha peraltro un periodo
riproduttivo che dura solo un paio di settimane all’anno, parametro che
contribuisce a incrementare il suo rischio di estinzione.
BOX
La monogamia? No, grazie
La
pensa così un ampio numero di persone coinvolte in uno studio condotto
dall’Università dell’Iowa. Un terzo circa, dei 783 adulti eterosessuali
intervistati fra i 18 e i 60 anni, ha rivelato di avere tradito il partner e di
non ritenere “naturale” la monogamia. Per le donne è più facile tradire con un
amico, per un uomo, con una sconosciuta. È la stessa filosofia di pensiero che
emerge dagli studi di Eric Anderson, sociologo americano, autore di “The
Monogamy Gap – Men, Love, and Reality of Cheting”, secondo il quale la
monogamia è “contro natura”, soprattutto per il maschio. Anderson ha
intervistato 120 uomini e nel 78% dei casi è emerso che sarebbero disposti a
mentire (o hanno già mentito) pur di poter avere rapporti con altre donne. La
monogamia per essi, e si presume per la maggior parte degli uomini del mondo, è
decisamente un optional.
(Pubblicato su Il Giornale il 3 agosto 2013)
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