venerdì 28 ottobre 2016

Terremoto nelle Marche: l'intervista a Mario Tozzi


Nuova potente scossa di terremoto ieri sera, alle 19.11, in centro Italia. I sismografi hanno registrato una magnitudo di 5,4, e l'epicentro è stato localizzato in Val Nerina, fra le province di Macerata e Perugia. Castelsantangelo sul Nera è il paese più colpito: molta paura per i suoi abitanti, ma non ci sono state vittime né gravi danni (se si esclude la caduta di alcuni cornicioni e l'interruzione delle linee telefoniche). Altri centri colpiti sono stati Ussita, Preci, e Visso, in provincia di Macerata. Cosa sta succedendo?
Di nuovo il centro Italia, dove, ormai è ben noto, la terra è in costante movimento: le faglie sottostanti accumulano energia che periodicamente viene rilasciata creando disastri e rischi per la popolazione. Anche ad Amatrice, sede dell'ultimo grande evento sismico, avvenuto il 24 agosto, con magnitudo 6.0, è stata avvertita la scossa; con il crollo di strutture già precedentemente lese. «S'è oltrepassata la soglia di criticità, 4.0 magnitudo», dice Dimitri Dello Buono, direttore del laboratorio geoSDI del CNR, «significa che ci troviamo di fronte a un evento che va analizzato con attenzione»

Colpita anche Norcia, a una ventina di chilometri di distanza in linea d'aria da Amatrice. «Abbiamo notizia di danni alla chiesa di San Salvatore a Campi di Norcia, e della chiesa della Madonna delle Grazie di Norcia», ci rivela Francesco Spanicciati, geologo della località in provincia di Perugia. Un forte terremoto? «Non proprio», tranquillizza Mario Tozzi, geologo del CNR, «ricordiamo che abbiamo a che fare con una scala logaritmica, e dunque con un dato nettamente inferiore a quello registrato nel terremoto di Amatrice». Si ragiona, infatti, con un criterio di misurazione che obbedisce a una crescita esponenziale, diversa da una semplice successione numerica. Tuttavia permane il grande dubbio: perché l'Italia continua a tremare? 

«Al momento, con l'evento appena accaduto, non possiamo ancora dare delle risposte esaustive», prosegue Tozzi, «ma alcune ipotesi si possono avanzare e riguardano il movimento delle faglie. Occorre capire se l'ipocentro sia riferibile alla faglia legata al terremoto di agosto, oppure se è il risultato di una nuova realtà litologica che sta sprigionando energia». Si parla anche di "scosse di replica", per designare eventi sismici che si rincorrono, talvolta, purtroppo, con potenze sempre più elevate. «Ma il futuro non possiamo prevederlo», dice Tozzi, «tutto è possibile e adesso ci sono ancora molti dati da approfondire». 

Quel che è certo è che anche questo terremoto rientra in quella fase di "distensione" che sta interessando gli Appennini: «La catena appenninica si sta riaggiustando», spiega Tozzi, «e pertanto sta subendo un processo di allargamento che periodicamente si fa sentire con scosse sismiche». Risponde a un movimento ancora più lontano nel tempo, riguardante la genesi degli Appennini e delle Alpi, relativo alla spinta dell'Africa, che scivola sotto l'Europa. «E' un fenomeno conclamato», conclude Tozzi, «ma la fase di riaggiustamento degli Appennini viene dopo, e interessa direttamente gli eventi sismici registrati negli ultimi tempi in Italia». 

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