Tre scosse superiori ai cinque gradi
della scala Richter, la più forte di magnitudo 5,5; di nuovo il centro Italia,
Amatrice (dove è crollato il campanile di Sant'Agostino), i paesi a cavallo fra
Lazio, Abruzzo e Marche; ma le scosse si sono fatte sentire anche a Roma,
Firenze e Napoli. E con la neve di questi giorni la situazione è drammatica. Il
cuore dell'Italia si spacca in due. Cosa sta succedendo? Perché dal 24 agosto 2016
si verificano continui terremoti? Gli Appennini stanno tremando. Per due
motivi. Un processo di stiramento legato a faglie che si stanno allontanando; e
un altro riguardante la spinta effettuata dalla placca africana, che incide su
quella euroasiatica, determinando un processo di subduzione, con distruzione di
nuova crosta.
«L’area interessata dai terremoti di
ieri fa parte di una zona sismica ben nota, caratterizzata da un’elevata
pericolosità e da eventi sismici occorsi anche in epoca storica», ci spiega
Fabio Bonali, ricercatore dell'Università di Milano. «Questi terremoti si
verificano a causa del regime tettonico distensivo che interessa l’Appennino
centrale, le cui sorgenti sismogenetiche raggiungono una lunghezza complessiva
di 20-30 chilometri, con direzione parallela alla catena montuosa e sono in
grado di generare terremoti con forte magnitudo».
Il dinamismo tellurico in queste aree è,
pertanto, costantemente attivo; e in effetti il timore è che il fenomeno
sismico non sia finito qui. Impossibile prevedere le nuove scosse, ma è
verosimile supporre che potranno essercene delle altre, anche d'intensità
elevata. La Protezione civile afferma che «la sequenza è la stessa del 24
agosto». Da quella data, infatti, ci sono state almeno 45mila scosse. Perlopiù
non percepite dall'uomo. Tuttavia vengono registrate dai sismografi e indicano,
appunto, una situazione geologica tutt'altro che risolta.
«E’ normale che dopo un forte evento
sismico seguano delle repliche», continua Bonali. «Il problema è che le repliche
possono talvolta essere di magnitudo maggiore rispetto alla prima scossa; proprio
perché il regime tettonico rimane invariato; ma possono essere legate alla
rottura di altre aree della stessa faglia o al riadattamento della crosta
terrestre che ha subito la deformazione sismica. In alcuni casi, peraltro, la
deformazione indotta da un terremoto può favorire la riattivazione di una faglia
vicina».
Anche l'ipocentro
e l'epicentro delle nuove scosse sono analoghi a quelli del terremoto di
agosto. Il primo riguarda l'area in cui viene sprigionata l'energia accumulata
in un particolare punto della crosta terrestre; il secondo indica uno dei luoghi
di arrivo delle onde sismiche: è qui che i movimenti ondulatori e sussultori provocano
i danni peggiori.
«La
distribuzione degli epicentri e degli ipocentri, localizzati dalla Rete Sismica
Nazionale dell’INGV, riguarda un’area geografica lunga circa 10-15 km e larga
circa 5-6 km», conclude Bonali. «In questo caso suggerisce che sia stata
coinvolta una faglia appartenente al sistema di faglie dei Monti della Laga
(fra le province dell'Aquila, Ascoli Piceno e Rieti). Il settore più
settentrionale si è attivato con il terremoto del 24 agosto. E in particolare,
gli eventi più forti sono avvenuti a una profondità di circa dieci chilometri, similmente
a quanto avvenuto per il terremoto di Amatrice».
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