venerdì 24 febbraio 2017

Artisti al suono delle caverne


Nelle caverne si trovavano per mangiare, bere, dormire, insomma, per vivere le cose di tutti i giorni, ma presto l'istinto per l'arte ebbe il sopravvento e cominciarono anche a pitturare le pareti delle grotte. Così sono giunte a noi raffigurazioni rupestri di grandissimo pregio, che confermano l'intelligenza e l'eclettismo dei nostri antenati. Ciò di cui, però, non eravamo al corrente è che gli antri che gli dettero ospitalità, non furono scelti a caso per immortalare le proprie fantasie, ma servirono per realizzare le opere migliori, in relazione a contesti "spaziali" dalle caratteristiche uniche; dotati di parametri acustici peculiari, in grado di suscitare emozioni e stupore. Stando, infatti, alle ultime ricerche condotte presso l'Acoustical Society of America, gli echi delle caverne, i frastuoni provocati da urla, pianti, canti, fenomeni atmosferici, avrebbero ispirato i primi artisti della preistoria, sensibili a segnali acustici, che nessuno sapeva razionalmente spiegare: «Oggi sappiamo che esistono le onde sonore, in grado di replicare i rumori, di creare "boati" altrimenti ingiustificabili», spiega Steven Waller, a capo dello studio. 

«Ma mettiamoci nei panni dei nostri progenitori: ogni volta che ascoltavano il rimbombo di un colpo, di un movimento, della caduta di un masso, era come se percepissero qualcosa di incredibile e fantastico. Oggi pare impossibile comprendere il mondo della fisica subatomica, per loro, invece, il mistero era tutto questo». Grazie a questi "miracoli" dell'acustica, quindi, i primi uomini impararono a esprimersi al meglio, convinti che gli spiriti o altre entità soprannaturali cercassero di mettersi in contatto con loro, fornendogli i presupposti per creare i primi capolavori. Lo studioso fa degli esempi concreti, parlando di grotte esplorate "acusticamente" in Europa e in Asia, territori dove l'uomo moderno giunse 40mila anni fa. Ma si rifà anche a opere megalitiche come Stonehenge, dove le esperienze acustiche erano al centro della funzionalità del famoso tempio. All'Università di Salford hanno appurato che Stonehenge funzionava come una cattedrale, dove riverberi e vibrazioni creavano atmosfere straordinarie per gli uomini dell'epoca, giustificabili solo con interventi "dall'alto", e in grado di accompagnare perfettamente i riti religiosi. 

Qualcosa di simile accadeva in Perù, presso la civiltà di Chavin de Huantar, sviluppatesi nel 1500 a.C.. Qui un tempio e il suo labirinto hanno messo in luce aspetti di archeoacustica impensabili, concernenti prassi simboliche importanti, religiose e inevitabilmente connesse al mondo dell'arte. Concentrandosi, invece, sulle incisioni rupestri tradizionali europee, dove gli uomini hanno mostrato per la prima volta il loro talento, Waller è convinto del legame fra i soggetti scelti per le raffigurazioni e gli echi prodotti dal loro passaggio. Così si spiega il nesso fra i numerosi disegni riportanti bovidi o cervidi, il cui transito, nei pressi delle caverne, veniva fortemente amplificato, come per magia. I test hanno infine confermato che le caverne con i riverberi maggiori sono anche quelle caratterizzate dalle opere artistiche più belle e interessanti; comprese quelle più angoscianti, riportanti il calco di mani sanguinanti, un omaggio ai vecchi spiriti Memegwashi del Canada orientale.  

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