mercoledì 30 giugno 2010
Denti perfetti a ogni età
La ricrescita dei denti anche in tarda età è una prerogativa dei vertebrati inferiori, animali come i pesci e gli anfibi. Nei vertebrati superiori si hanno invece i denti da latte e poi quelli definitivi dell’età adulta che, una volta persi, non vengono più sostituiti. Ora, però, dei ricercatori finlandesi stanno pensando di mettere in atto una tecnica che potrebbe consentire anche all’uomo di poter godere di una dentatura splendente a ogni età. Per il momento le ricerche sono state compiute solo sui topi, mammiferi come l’uomo, appartenenti ai vertebrati superiori e come tali quindi contraddistinti da una dentatura che si rinnova al massimo due volte in una vita. Gli studiosi hanno attivato in un gruppo di roditori la via del segnale “Wnt”, una della vie principali impiegate dalle cellule per comunicare durante i processi di sviluppo embrionale. E in questo modo s'è visto che in alcuni topi in là con l’età è possibile far crescere ex novo dei molari. In particolare in un esemplare ne sono cresciuti addirittura una decina. I denti derivanti dalla attivazione del segnale “Wnt” sono sostanzialmente simili a quelli che caratterizzano la seconda dentizione dell’età adulta: le uniche differenze riguardano la corona che anziché avere la tipica forma a cuspide è semplice e conica. Lo studio divulgato sulle pagine della rivista Proceedings of the National Academy of Sciences è stato condotto da scienziati dell’Università di Helsinki. Con loro hanno collaborato anche membri delle università di Tokio e Berlino. Gli scienziati hanno preso spunto dai vertebrati inferiori e, in effetti, hanno potuto constatare che il risultato ottenuto nei mammiferi è assolutamente riconducibile a ciò che avviene in molte specie di pesci e anfibi: dall’esame delle colture tissutali ricavate è emerso che i denti dei topi derivano da una germinazione a partire dai denti sviluppati precedentemente, esattamente come avviene nei vertebrati inferiori. Prospettive future? Senz'altro quella di vedere se l’attivazione del segnale “Wnt” sarà efficace anche per l’uomo. Se così fosse saremmo a una svolta: quella che consentirebbe di vincere malattie come la piorrea e la relativa caduta dei denti.
martedì 29 giugno 2010
Il simbolo della sperequazione ambientale e morale del mondo contemporaneo
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Frank Fenner |
Poche statistiche condannano moralmente i sistemi politici ed economici del mondo come quelle che rivelano la coesistenza di fame e obesità mentre l'intera popolazione avrebbe abbastanza cibo se fosse equamente accessibile. Si può pronunciare una condanna morale simile nei confronti dei sistemi che mirano a controllare le risorse energetiche mondiali per alimentare una crescita economica insostenibile per l'ambiente. Entrambi i fenomeni sono collegati in maniera sistemica, in quanto squilibri nel flusso di energia. Al livello dell'individuo, produce malattie associate alla denutrizione e alla sovra-alimentazione; a quello dello stato-nazione, lo sfruttamento dell'ambiente porta a una ricchezza insostenibile. Entrambi i livelli sono importanti, ma qui vogliamo soffermarci sull'idea di omeostasi e di equilibrio energetico che sottende le diverse concezioni di salute nutrizionale e ne spiega la fisiologia. È insita nella scienza ormai secolare della bioenergetica.
L'alimentazione e l'attività fisica sono fortemente implicate nel regolare il peso corporeo, meccanismi fisiologici omeostatici ci difendono dai cambiamenti nell'equilibrio energetico che la nostra fisiologia raggiunge più facilmente in un mondo dove il cibo è meno accessibile. In questo caso, il deficit energetico porta all'inizio a una perdita di peso, ma l'equilibrio viene ricalibrato a livelli inferiori di entrate e di spese energetiche, attraverso una gamma di adattamenti fisiologici, comportamentali e nutrizionali che tutelano composizione e dimensioni corporee. Nel caso di cibo abbondante, esistono solo debolissimi meccanismi omeostatici per tornare all'equilibrio e di solito ne consegue un aumento sia di peso che di dimensioni. Nel corso dell'evoluzione, i periodi di carestia o di risorse adeguate saranno stati più frequenti di quelli dell'abbondanza e non sorprende che l'omeostasi - il mantenimento della stabilità delle condizioni biologiche interne - disponga di meccanismi meno potenti per affrontare l'eccesso. In natura, grossi predatori approfittavano della minor mobilità che deriva da un accumulo eccessivo di grassi. Perciò l'obesità è un fenomeno recente, specifico degli esseri umani - e dei loro animali domestici - da quando sono stanziali e in particolare da quando si avvalgono della produzione sempre meno costosa dell'agricoltura post-industriale, e della meccanizzazione recente della vita quotidiana.
C'è una discordanza tra le due teorie dell'obesità. Sarebbe dovuta, dice la teoria fisiologica prevalente, a uno sconvolgimento dell'omeostasi, mentre secondo la teoria evoluzionistica, sarebbe una resistenza all'entropia (la generazione di una massa maggiore con l'aumento dell'organizzazione e delle energia disponibile) in assenza di predatori che minaccino gli esseri umani. In medicina, il principio omeostatico è precedente alla filosofia socratica, infatti discende direttamente dalla dottrina dell'equilibrio tra proprietà opposte. La teoria degli umori, di elementi dissimili e opposti che si controbilanciano, deriva da Ippocrate ed è stata alla base della medicina occidentale fino all'Illuminismo. Nel Settecento l'anatomia e la fisiologia che avrebbero definito le strutture e le funzioni corporee normali nacquero dalla ragione scientifica e dall'osservazione diretta. Da quel momento la diagnostica si basò sempre di più sulla conoscenza della patologia e delle deviazioni dalla norma, eppure la nozione di equilibrio tra gli opposti non scomparve del tutto. È riemersa a proposito della prevenzione di malattie croniche, della gestione del diabete a insorgenza in età matura e della sindrome di Turner, e soprattutto dell'obesità: per evitarla, l'energia tratta dal cibo deve corrispondere a quella spesa per il mantenimento delle funzioni corporee, per la riproduzione e per l'attività fisica. Se l'omeostasi s'innesca facilmente in situazioni di carestia (come nel corso dell'evoluzione), in situazione d'abbondanza come quella recente, l'obesità risulta dallo squilibrio tra energia assunta e spesa, e anche tra il desiderio di consumare e il bisogno di controllare i consumi per evitare un eccesso di grasso. Quando il discorso sull'equilibrio energetico è inquadrato in questi termini di responsabilità individuale, è facile che emerga una cultura del biasimo e di stigmatizzazione.
L'obesità potrebbe dipendere dal fatto che una volta raggiunta la sicurezza alimentare, ci siamo messi a mangiare non per fame, ma per un piacere che è sia sociale e culturale che individuale e neuropsicologico. Se è così, l'appello a limitare l'energia in entrata e in uscita rischia di non essere ascoltato, perché intuitivamente non sembra buona biologia. È vero che facciamo molte cose biologicamente sbagliate, e il corpo percepisce facilmente un equilibrio in condizione di abbondanza. Durante l'evoluzione la strategia di massimizzare le entrate e minimizzare la spesa energetica ha favorito una complessità biologica crescente e il cervello, invece di attivarsi per controbilanciarle, è in combutta con il resto del corpo per accrescere massa e ordine, sia nell'individuo che nella popolazione. Oggi controlliamo la nostra riproduzione e trasferiamo il surplus energetico nei grassi del corpo invece che in un maggior numero di figli come avveniva nel mondo premoderno.
Il nostro corpo non è l'opera di un macchinario prevedibile che risponde automaticamente a una mente razionale al controllo di tutto, bensì un'opera in corso che emerge da processi continui, dinamici all'interno di particolari contesti sociali e ambientali. Un approccio dualistico, cartesiano, nel quale la funzione fisica prevale sui processi vivi dell'evoluzione non aiuta a capire il fenomeno dell'obesità perché gli manca l'anello teorico costituito dall'idea di energia, nel senso comune e scientifico del termine. Se consideriamo l'equilibrio energetico come una pratica quotidiana, e non solo come un costrutto intellettuale, possiamo esplorare le spinte culturali che stanno dietro ai comportamenti alimentari e all'attività fisica. Possono essere principalmente sensorie (lo scopo è di provare piacere), sociali (lo scopo è di essere accettato dal gruppo) o estetiche (un intervento per contrastare i cambiamenti nella forma corporea durante la vita). Contano i flussi energetici sia culturali che biochimici, ma si basano su esperienze e su principi diversi.
In un certo senso potremmo dire che la scienza della bioenergia sta entrando in un mondo post-illuminista che per alcuni aspetti assomiglia a quello pre-illuminista nella sua costruzione aristotelica del corpo. Gli assomiglia anche nella multidisciplinarietà degli addetti che cercano di risolvere complessi problemi di squilibrio energetico, come l'obesità e i cambiamenti climatici, ai quali aveva contribuito l'approccio cartesiano. Ma oggi i ricercatori dispongono di nuove tecnologie e del senno di poi.
Stanley Ulijaszek e Caroline Potter
Fonte: Sole 24 Ore
Il segreto per un matrimonio felice è scritto nel nostro sangue
domenica 27 giugno 2010
Il matrimonio? Nuova arma contro l'effetto serra
Si relega spesso la questione "divorzio" alla politica, laddove la sinistra spalleggia da sempre la divisione definitiva fra coniugi che non ne vogliono più sapere del vecchio partner, mentre la destra - più legata ai concetti di famiglia, patria e religione - è più propensa a salvaguardare "la santità del matrimonio". In realtà scopriamo che, negli ultimi tempi, anche la sinistra si sta promuovendo per cercare in tutti i modi di declassare divisioni e divorzi. Il motivo? L'ambiente. Stando infatti alle statistiche di più gruppi di scienziati, il numero spropositato di coppie che si dice addio sta raggiungendo cifre più che ragguardevoli, andando a pesare gravemente sulle sorti del pianeta. Il motivo è semplice: le coppie che si sfasciano finiscono per consumare molto di più di quelle che decidono di rimanere sotto lo stesso tetto, e in questo modo - magari senza pensarci - adottano un sistema di vita tutt'altro che ecosostenibile. Veniamo al dunque. Negli USA i divorziati consumano 73 miliardi di kilowattora di elettricità e 627 miliardi di galloni d'acqua (un gallone corrisponde a circa 4 litri) che potrebbero essere risparmiati se si mantenesse integro il matrimonio. A causa delle separazioni vengono occupate 38 milioni di case in più con tutte le spese che ne derivano: illuminazione, riscaldamento, sistema idraulico. Come è noto un frigorifero consuma la stessa energia che sia utilizzato da una famiglia di cinque persone o da una sola. A fare esplodere la miccia è stato l'ambientalista per eccellenza Al Gore (nella foto), autore del celebre "Inconvenient Truth", che divorziando ha suscitato le ire di mezzo mondo. In prima linea c'è L'Huffington Post, blog progressista che per primo ha divulgato la notizia del crac fra Gore e la moglie Tippi. In ogni caso le soluzioni sono ben poche. Dicono infatti gli esperti che l'esempio di Al Gore verrà seguito da sempre più persone, in particolare dai cosiddetti baby-boomers, i figli del benessere post-bellico, ben poco attrezzati per far fronte ai disagi della vita a due: se le cose non vanno, anziché metterci delle toppe, meglio dargli un taglio. Questa la loro filosofia, che piaccia o meno, maturata dalle esperienze trasgressive ed edoniste dell'epoca del "sessantotto". Le statistiche d'altronde sono brutali ovunque. In Italia - considerando separazioni e divorzi si è poco oltre il 10% - ma in USA si è già arrivati al 50% delle coppie che si dicono ciao per sempre. Segue a ruota la Germania con il 35%. Eppure in USA erano il 5% durante gli anni Settanta. Un recente studio effettuato dagli esperti della Michigan State University rivela che nelle abitazioni dei divorziati o dei single la spesa pro-capite per l'energia è decisamente superiore alla media. Chi vive solo deve accollarsi infatti una spesa di 6,9 miliardi di dollari (4,7 miliardi di euro) per l'energia e 3,6 miliardi di dollari (2,45 miliardi di euro) per l'acqua. Da oggi dunque la lotta all'effetto serra non dovrebbe più riguardare solo l'impiego eccessivo di automobili, le emissioni industriali, i degassamenti naturali che avvengono in prossimità dei vulcani, lo scioglimento del permafrost, ma anche un aspetto molto più banale della nostra quotidianità: il rapporto con la nostra dolce metà.
sabato 26 giugno 2010
Dai 3 ai 13 minuti. Il tempo ideale per un rapporto sessuale
Sempre più spesso sentiamo parlare di coppie famose che si abbandonano a performance erotiche dalla durata illimitata: fece scalpore qualche tempo fa Sting, quando disse che lui e la sua partner possono anche fare l'amore per sette ore di fila. Così facendo però illudono la massa, inducendo a credere che solo a pochi è consentito di vivere il sesso nel modo migliore. In realtà, uno studio pubblicato oggi sul Daily Mail, rivela che la durata ideale di un rapporto sessuale è dieci minuti. I test mettono in luce che, in media, un rapporto sessuale dovrebbe durare dai tre ai tredici minuti: quando si passano i dieci minuti, infatti, per molte persone comincia a diventare una specie di sacrificio. Eric Corty e Jenay Guardiani - a capo della ricerca - hanno condotto un sondaggio su cinquanta membri della Society for Sex Therapy and Research comprendente psicologi, medici, assistenti sociali, terapisti matrimoniali che, complessivamente, hanno seguito nelle loro carriere, migliaia di pazienti americani e canadesi. È stato chiesto loro di indicare la durata ideale di un rapporto sessuale sulla base delle numerose dichiarazioni ricevute nel tempo. Risultato: l'amore che dura sette minuti è stato definito "adeguato", quello che dura fra sette e tredici minuti "auspicabile". Tutti d'accordo infine nel dire che oltre i tredici minuti è "troppo lungo" e "troppo corto" quando è fra uno e due minuti. "La cultura popolare ha fatto credere che un buon rapporto sessuale debba necessariamente durare il più possibile", spiega Eric Corty, della Penn State University. "Molti uomini e donne, infatti, sembrano godere all'idea di un rapporto che non finisce più. In realtà questo studio afferma il contrario e ha dunque come fine quello di incoraggiare le persone a intraprendere l'attività sessuale con più realismo, senza farsi condizione dalle voci che circolano". Conclude Alex McKeay ricercatore del Consiglio Canadese di educazione e informazione sessuale, secondo il quale "tutte le generalizzazioni riguardanti l'adeguata durata dell'amplesso dovrebbero essere prese con le pinze: non è infatti il tempo che definisce un rapporto ma la sua qualità".
venerdì 25 giugno 2010
Lotta alle frane con un nuovo strumento del Politecnico
Parliamo del vostro ultimo progetto per salvaguardare il territorio dalle frane. In che modo sensori e pannelli fotovoltaici consentono di “diagnosticare” lo stato geologico delle pareti a rischio?
Utilizziamo sensori tradizionali e innovativi. I primi - estensimetri e inclinometri - valutano l'eventuale allargamento di fessure preesistenti e variazioni di inclinazione, sintomi di una dinamica macroscopica della parete sotto osservazione. I secondi invece – accelerometri di nuova generazione (tecnologia integrata su silicio MEMS) e geofoni – consentono “la lettura” di onde microsismiche generate da microfessure, formatesi per esempio a causa dell'azione gelo-disgelo. Si acquisiscono duemila dati al secondo. Infine i pannelli fotovoltaici permettono agli strumenti di avere una loro autonomia anche in situazioni di stress energetico o in caso di pioggia.
Come sono andati i primi test condotti a Lecco, presso il Monte San Martino?
Ottimamente. Il sistema è entrato in azione senza problemi. Nel momento in cui i miei bravissimi ingegneri hanno attivato il sistema, i dati hanno iniziato a fluire. A più di un mese di distanza dai primi test possiamo dire che il sistema funziona al meglio: abbiamo ottenuto migliaia di informazioni significative, ora in fase di studio.
Sono previsti altri test?
Sono previste nuove uscite con i Ragni di Lecco per valutare l'azione di urti indotti da massi che, inducendo microterremoti, possono creare falsi positivi.
Quando il nuovo sistema potrebbe essere distribuito su larga scala e consentire al meglio il controllo delle zone più “calde”?
Immediatamente. Il sistema è più che un prototipo. È un complesso meccanismo di acquisizione di dati idrogeologici altamente ingegnerizzato. I prototipi hanno una vita troppo breve. Per avere un sistema credibile era necessario compiere un salto quantitativo, oltre che qualitativo; e qui è stata assai preziosa la collaborazione della Resen, start up incubata dal Politecnico di Milano.
Attualmente come viene monitorato il rischio frane?
Con segnali geodinamici tradizionali che fluiscono verso la sala di monitoraggio. È una fase che non deve essere sottovalutata, rappresentando l'ultimo anello della catena verso la realizzazione di modelli predittivi in grado di fornire uno stato di rischio specifico associato al crollo. Solo terminata questa fase di ricerca e studio potremo capire come comportarci per non generare inutili allarmismi.
Perché i satelliti non sono altrettanto efficaci?
Per vari motivi. C'è un problema di visibilità: il satellite ha difficoltà a valutare le pareti verticali. Ci sono poi dei limiti legati alla frequenza di acquisizione dei dati: nel migliore dei casi avremmo un'immagine al mese, troppo poco per predire fenomeni rapidi come le frane. Infine c'è il fattore risoluzione: con le tecnologie satellitari attuali predire lo spostamento di un millesimo di millimetro in una roccia è pura fantascienza.
Cosa possiamo dire di Robotclimber, il robot scalatore approntato dall'ESA, in grado di evitare frane e smottamenti?
Beh, è un bellissimo progetto. Il robot pesa però quattromila kg: vorrei proprio vederlo all'opera su pareti di qualche centinaio di metri come il San Martino. Ma non è questo il punto. Il robot ha come obiettivo il consolidamento delle pareti rocciose, non lo studio dei fenomeni di crollo. E poi, non ha il cuore e la bravura dei Ragni, i "maglioni rossi della Grignetta"...
L'Italia è una delle nazioni europee più sensibili al fenomeno delle frane. L'effetto serra potrebbe peggiorare la situazione?
Difficile dare una risposta per uno scienziato. I cambiamenti climatici potrebbero (e uso volutamente il condizionale) influenzare le dinamiche associate a fenomeni di crollo, ad esempio attraverso un aumento delle precipitazioni atmosferiche. Per contro, però, un innalzamento delle temperature porterebbe a ridurre il fenomeno del gelo-disgelo, alla base di frane e smottamenti.
Quali sono le zone più soggette al fenomeno franoso?
Tutto l'arco alpino e appenninico è soggetto a frane. Per quanto riguarda i crolli più significativi avvenuti in provincia di Lecco, possiamo citare la frana del 1969 della parete sotto osservazione (con sette vittime) e il blocco di una settimana della SS36 (interruzione della viabilità da e per Sondrio) quest'anno.
giovedì 24 giugno 2010
Il calcetto tiene lontano l'osteoporosi
mercoledì 23 giugno 2010
Dagli Inuit il segreto per vivere cent'anni
Non muoiono quasi mai di infarto e ictus, i loro capelli rimangono folti e neri fino alla morte, e in più sono sempre di buonumore. Sono gli Inuit, ovvero gli eschimesi, da diversi anni al centro dell’attenzione di studi condotti da team scientifici internazionali, che cercano di risalire alla base delle loro caratteristiche fisiologiche per poter ricavare nuove cure e tecniche di prevenzione di cui tutti possano beneficiare. Gli Inuit, popolazione dell’America settentrionale di circa 40 mila individui stanziata sulle coste artiche dell’America e nella penisola dei Čukči in Asia, devono la loro salute di ferro in gran parte all’alimentazione, spiegano i ricercatori delle Università di Harvard e di Tromso, in Norvegia. La loro dieta, basata principalmente sul pesce, determina l’accumulo dei cosiddetti grassi omega–3, che hanno in pratica il potere di mantenere giovani le arterie: gli esperti hanno verificato che in media l’apparato circolatorio di un europeo o di uno statunitense di 30 anni, corrisponde a quello di un eschimese di 50 o 60 anni. Tanto per intenderci il rapporto con gli italiani per consumo di pesce è di 15 a 1; essi consumano annualmente e individualmente quasi 150 chili di pesce, gli italiani a malapena 10 chili. Si stima per questo che il rischio degli eschimesi di sviluppare malattie cardiache e dei vasi è di circa 10 volte inferiore a quello delle popolazioni europee. Gli omega–3 sono specificatamente in grado di abbassare il livello dei trigliceridi nel sangue, fattore di rischio per l’aterosclerosi, di esercitare un’azione antiaggregante piastrinica, che contrasta il rischio di trombosi, e sembra intervenire anche nella riduzione della pressione arteriosa. Studi recenti hanno inoltre dimostrato il loro potere nel tenere sottocontrollo il numero dei battiti cardiaci, le reazioni infiammatorie, malattie come l’asma e l’artrite reumatoide, e addirittura i tumori. Per quanto riguarda la depressione gli eschimesi si può dire che non sappiano neanche cos’è in quanto gli omega–3 favoriscono la vitalità delle cellule del sistema nervoso, stabilizzando il tono dell’umore. Ultima qualità sorprendente degli Inuit è quella di invecchiare con tanti capelli, e soprattutto di non aver bisogno di tinte per contrastare l’imbiancamento. Qui la loro fortuna è quella di essere contraddistinti da una eccezionale ricchezza in melanima. Tra gli alimenti infine più ricchi di grassi omega–3 si ricordano il salmone, lo sgombro, le sardine, le aringhe, le alici, il tonno, ma anche le noci e l’olio di semi di lino. Il pesce è oltretutto consigliato in quanto le sue proteine sono di ottima qualità, contengono abbondanti quantità di aminoacidi essenziali e sono molto digeribili ad ogni età. Le specie ittiche e i frutti di mare sono contraddistinti in generale da un quantitativo minore di grassi e calorie a parità di peso rispetto alle carni di manzo, pollo e maiale. Il contenuto di grassi del pesce varia in base alla specie e alla stagione. I crostacei e il pesce bianco (merluzzo, gamberetti, sogliola) contengono pochissimi grassi; meno del 5%. Il grasso nei pesci che ne sono più ricchi, varia tra il 5 e il 25%; sardine e tonno (5-10%), aringhe, acciughe, sgombri, salmone (10-20%) e anguilla (25%).
martedì 22 giugno 2010
"Waze" disegna la strada maestra
lunedì 21 giugno 2010
domenica 20 giugno 2010
Donne malate di stress
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sabato 19 giugno 2010
Tumore al seno: ko con una proteina
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venerdì 18 giugno 2010
Ecco perchè l'uomo pensa sempre e solo a quello... incompreso dalla donna
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(Articolo pubblicato sul settimanale Oggi in una versione differente)
giovedì 17 giugno 2010
Marissa Mayer svela i segreti di Google
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Gennaio 09, www.techradar.com
Google è il motore di ricerca più popolare, in grado di effettuare una ricerca su milioni di pagine web in alcuni millisecondi. Che atmosfera si respirava all'inizio?
Eravamo piccolissimi. Google era composta da sole 20 persone. Il clima, però, era dei migliori e vi era molta speranza e intraprendenza. Avevamo la consapevolezza di lavorare su qualcosa che poteva avere un impatto sul mercato, benché non avessimo ancora chiaro il suo reale potenziale.
Gennaio 05, Centro di ricerche di Palo Alto della Xerox
È vero che il nome Google è frutto di un errore di pronuncia?
È verissimo. Deriva dal termine googol, la cui pronuncia è praticamente identica. (Googol indica un numero intero esprimibile con un 1 seguito da 100 zeri e venne ideato dal matematico americano Edward Kasner, ndr).
Novembre 09, IDG News Service
Qual è il motore di ricerca perfetto? Se disponesse di una bacchetta magica e potesse crearlo dal nulla, a cosa assomiglierebbe?
Sarebbe una macchina in grado di rispondere a questa domanda, dico davvero.
Cosa sarebbe in grado di fare?
Comprendere discorsi, domande, frasi, concetti; cercare tutte le informazioni del mondo, trovare differenti idee e concetti, e presentarli in un modo davvero informativo e coerente.
Marzo 09, Nova24
Parliamo dei “search engine” di domani, descrivendo un contesto il cui centro di gravità non è il motore di ricerca, ma l’utente con le sue esigenze, finalmente comprese e soddisfatte...
Le persone riescono ad effettuare mediamente il 10, forse il 20% delle ricerche online che hanno in mente e ciò avviene perché i motori di ricerca oggi hanno ancora limiti importanti. A pensarci bene, l’uso delle parole chiave, per quanto pratico, non è esattamente intuitivo. Ben diverso sarebbe se Google accettasse domande dirette, da scrivere nel solito spazio vuoto o, meglio ancora, da pronunciare ad alta voce con il microfono acceso.
Dicembre 09, www.readwriteweb.com
Intanto compaiono nuovi sistemi di comunicazione...
Negli ultimi anni, in effetti, è emerso un nuovo tipo di informazione: gli updates in tempo reale come quelli su Twitter sono diventati non solo un nuovo modo di comunicare i sentimenti e le sensazioni delle persone, ma anche un interessante fonte di informazione.
Settembre 08, Los Angeles Times
Cosa succederà nei prossimi 10 anni?
I prossimi 10 anni saranno dedicati all’innovazione. Il settore delle ricerche non è finito. Stiamo cercando di monetizzare nuove forme di contenuti come il settore dei video online, le mappe ed i libri.
E più in là nel tempo?
Un domani la Rete sarà sempre più ricca di elementi multimediali che troveranno nuovo posto nella pagina dei risultati di ogni ricerca. Con Google Universal Search abbiamo fatto il primo passo e creato un utile spazio di sperimentazione, ma è solo l’inizio: un domani avremo pagine di risultati dove media diversi potranno convivere in maniera più armoniosa.
Maggio 10, www.techmeme.com
Risale a pochi giorni fa il nuovo look di Google. Come si è arrivati a questo risultato?
Il web è un'entità in continuo cambiamento, si evolve e si rinnova. È quindi importante anche per siti famigliari come quello di Google aggiornare lo stile, il look. Le modifiche mostrate oggi rappresentano l'ultima evoluzione delle nostre tecnologie di ricerca. Trovare esattamente quello che si sta cercando sarà più facile che mai.
(Pubblicato sul n 4 di Newton)
mercoledì 16 giugno 2010
La materia oscura? Non esiste
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Gli ultimi studi sono comunque più dettagliati. Gli esperti dicono che la materia oscura costituisce circa il 23% dell'energia del cosmo, e l'85% della massa. La massa oscura è divisibile in "barionica" e "non barionica". La prima è quella composta da materia simile a quella che rappresenta le stelle e i pianeti; la seconda si ipotizza possa essere composta da particelle supersimmetriche come neutralini, neutrini massicci, o assioni, o altre particelle che nessuno ha ancora "visto", soggette alla forza gravitazionale. Recenti analisi pubblicate sulla rivista Astronomy and Astrophysics hanno avanzato l'ipotesi che la materia oscura - se si potesse vedere - assomiglierebbe a un'immensa ragnatela che da un capo all'altro occuperebbe una porzione di cielo di 270 milioni di ani luce. Infine la materia oscura non va confusa con l'energia oscura. Quest'ultima è un'ipotetica forma di energia che si trova nello spazio sottoforma di "costante cosmologica" o "quintessenza". Anche qui però si naviga a vista: si è sempre nel campo delle ipotesi, non abbiamo ancora scoperto il suo reale significato, e in che modo influenzi l'accelerazione dell'universo. Pochi mesi fa però l'operazione Cosmos (Cosmological Evolution Survey) ha offerto indizi importanti a favore della sua esistenza. Grazie al telescopio Hubble - concentrato per mille ore su 446mila isole stellari - è stato possibile evidenziare che l'energia oscura provoca una distorsione dell'immagine delle galassie generata da un effetto noto come "lente gravitazione", riconducibile alla distorsione causata da una normale lente nell'ottico.
martedì 15 giugno 2010
Malati di tintarella
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lunedì 14 giugno 2010
Appariscenti per conquistare l'uomo giusto
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domenica 13 giugno 2010
Gli orsi americani abbandonano le foreste e si trasferiscono in città
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sabato 12 giugno 2010
2013. Appuntamento con la tempesta solare che potrebbe "spegnere" il pianeta
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venerdì 11 giugno 2010
Un test genetico svela il segreto della bravura di Eto'o
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giovedì 10 giugno 2010
"Da bambina e da ragazza ero come Speedy Gonzales": la mia intervista a Rita Dalla Chiesa
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(Pubblicato sull'ultimo numero di OkSalute)
mercoledì 9 giugno 2010
Contro la logica meccanicistica e riduzionistica della politica agricola
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martedì 8 giugno 2010
La torre pendente di Abu Dhabi
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lunedì 7 giugno 2010
Gli antibiotici? Spesso non servono a nulla
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domenica 6 giugno 2010
Taglio netto agli sprechi alimentari. Un modo per salvarci dalla crisi (quasi senza accorgerci)
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sabato 5 giugno 2010
Pronto entro tre anni "SensorArt", il supercuore artificiale
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(Pubblicato sul n 4 di Newton)
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