Un cuore artificiale intelligente in grado di ripristinare la funzione cardiaca perduta e annullare la necessità di ricorrere al trapianto. Battezzato SensorArt verrà messo a punto entro quattro anni dagli scienziati dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr con i bioingegneri della Scuola Superiore di Sant’Anna di Pisa, nell’ambito dell’Information Communication Technology. Si tratta di un progetto integrato da oltre sei milioni di euro del Settimo programma quadro della Commissione Europea. La sua azione è assicurata da sensori capaci di valutare le condizioni fisiologiche di un paziente, e di regolare l’attività della pompa cardiaca, in base allo sforzo richiesto dall’organismo, diverso per ogni situazione: in caso di corsa, per esempio, il corpo umano ha bisogno di 20-25 litri di sangue al minuto; se si cammina ne bastano cinque. È la naturale evoluzione dei cosiddetti dispositivi di assistenza ventricolare attualmente in commercio, pompe meccaniche che, impiantate nel corpo del paziente, sostituiscono l’attività cardiaca, ripristinando una corretta circolazione e garantendo al malato una maggiore sopravvivenza. «SensorArt può essere definito una piattaforma di sensorizzazione dei dispositivi di assistenza ventricolari esistenti», spiega Maria Giovanna Trivella del Cnr, responsabile del progetto, «che, in pratica, vengono trasformati in dispositivi “intelligenti” di nuova generazione, basati sull’azione di sensori capaci di registrare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca. I sensori sono situati nel corpo del paziente e collegati a una “centralina” esterna, fissata, tramite una cintura, alla vita del malato». I cuori artificiali oggi a disposizione dei medici (nella foto il modello AbioCor) hanno molti difetti: sono di grosse dimensioni, collegati all’esterno del corpo con cavi che possono provocare infezioni, e sono inoltre incapaci di monitorare le condizioni cardiocircolatorie del paziente. Col nuovo dispositivo, invece, tutti questi limiti scomparirebbero. Per quanto riguarda il rischio infezioni, il pericolo verrebbe scongiurato da un sistema basato sulla comunicazione wireless, sfruttando la possibilità di trasferire energia per via transcutanea. Mentre da un punto di vista pratico ed estetico, il nuovo strumento, risulterebbe molto meno ingombrante dei dispositivi attuali, perché caratterizzato da materiali più leggeri e miniaturizzati. «Il nostro scopo è creare un dispositivo definitivo e non temporaneo come molti dei cuori artificiali attualmente in commercio», continua Trivella, «nient’altro che ponti hi-tech fra la fase terminale della malattia cardiaca e il trapianto. Pertanto contiamo di poter migliorare le condizioni di salute di un numero sempre più alto di persone: nel mondo occidentale i cosiddetti dispositivi di assistenza ventricolare riguardano 600mila pazienti in fase terminale; con SensorArt si potrebbe invece arrivare a coinvolgere almeno cinque milioni di persone, non necessariamente in condizioni critiche, compresi i pazienti che per età non sono più candidati al trapianto cardiaco». In ogni caso beneficerebbero del cuore artificiale soprattutto i pazienti nei quali la pompa cardiaca ha ormai perso completamente la sua autonomia, cioè soggetti a scompenso cardiaco; si tratta di una grave condizione patologica che, per i motivi più diversi (cardiomiopatia dilatativa, ischemia, miocardite) impedisce al cuore di funzionare regolarmente ed efficacemente, nonostante la somministrazione di farmaci o interventi cardiochirurgici. La malattia è in aumento in tutti i paesi occidentali, Italia compresa, dove negli ultimi cinque anni si è avuta una crescita del 40%. Attualmente si registrano nel Belpaese 170mila nuovi casi di scompenso e 500 ricoveri al giorno. Cifre che, entro il 2030, potrebbero addirittura raddoppiare.
(Pubblicato sul n 4 di Newton)
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