Ieri dicevamo che un buon matrimonio ha il potere (indirettamente) di contrastare l'effetto serra. Oggi, dunque, torniamo a parlare del settimo sacramento in seguito a una notizia che giunge dal Giappone: sempre più persone si sposano guardando al gruppo sanguigno del partner. Fantascienza? Non proprio. In Sol Levante sono, infatti, usciti numerosi testi relativi alle combinazioni "sanguigne" più idonee per il successo della coppia. Qualcosa che prima veniva egregiamente assolto da manuali di astrologia e chiromanzia e che oggi invece sembra ad esclusivo appannaggio della biologia. Prima le superstizioni, oggi la (pseudo)scienza. Per esempio da queste guide emerge che i maschi con gruppo sanguigno A sono gli uomini ideali da sposare perché particolarmente sinceri e affidabili. Altre loro doti: la calma, la serenità e la lealtà. Il gruppo sanguigno A compare sulla Terra nel momento in cui gli uomini primitivi cambiano le loro abitudini di vita, cominciando a costruire e diventando più sedentari. Ciò avviene circa 15mila anni fa. Al contrario non sarebbero molto "affidabili" quelli col gruppo sanguigno B, pieni di charme, ma insofferenti alle regole e alle relazioni durature. Sono anche più intraprendenti, curiosi, e dispersivi degli appartenenti al gruppo A. Il gruppo sanguigno B compare circa 10mila anni fa, alle pendici dell'Himalaya, fra Pakistan e India. Un buon partito, invece, i possessori di gruppo sanguigno 0, l'universale, ritenuti dagli esperti sicuri di sé e impavidi, ma anche comprensivi, generosi e ottimisti. Affidabile in parte chi è contrassegnato dal gruppo AB, a metà strada fra i fedeli del gruppo A e gli "anarchici" del gruppo B. Finita qui? Niente affatto. Stando, infatti, alle cronache del Sol Levante si scopre che il gruppo sanguigno sta avendo sempre più importanza anche in ambiente lavorativo, laddove con il tradizionale curriculum viene ora chiesto anche il referto ematologico. Alla BBC s'è fatto avanti un portatore del gruppo B, al quale - al momento dell'assunzione - è stato domandato a quale gruppo appartenesse. L'uomo è letteralmente sceso dal pero, prima di sbigottire venendo a sapere che il responsabile delle assunzioni - una donna - aveva avuto una disavventura sentimentale con un B e che dunque era poco propensa a ingaggiare i portatori di questo gruppo sanguigno. Poi, però, le cose sono andate bene comunque e l'uomo ha ottenuto il posto di lavoro. Tecnicamente la cosiddetta dottrina dei gruppi sanguigni viene detta "ketsukigata". L'argomento viene affrontato per la prima volta nel 1916 dal medico giapponese Hara Kimata, poi però cade nel dimenticatoio. Ritorna in auge nel 1971, quando il giornalista Masahiko Nomi pubblica il libro "Ketsuekigata de waraku aisho", testo che ha da poco raggiunto la 240esima ristampa. L'idea del legame fra gruppi sanguigni e personalità è dunque ritenuta attendibile dal 70% dei giapponesi. Se da noi si suole chiedere "di che segno sei?", in Giappone va invece la domanda "di che gruppo sei?". Dalle ricerche è anche emerso che i gruppi sanguigni non sono equamente distribuiti nel mondo, e che quindi in qualche modo caratterizzerebbero le popolazioni in modo differente. S'è visto per esempio che negli USA domina il gruppo 0, mentre in Giappone prevale il gruppo A: tutti i membri della famiglia reale appartengono a questo gruppo. Dal punto di vista prettamente scientifico c'è chi ride sotto i baffi innanzi alla "ketsukigata". Lo psicologo Omura Masao, per esempio, professore di psicologia presso la Nohin Daigaku, dice che i giapponesi si servono di questo stratagemma semplicemente per ottenere una certa diversità, essendo un popolo piuttosto omogeneo, con pochi tratti fisici distintivi. A questa stregua, infine, andrebbe valutato anche il fattore RH o fattore Rhesus, riferendosi alla presenza di un antigene sulla superficie dei globuli rossi. Il riferimento è a tre determinanti antigenici: C, D, E. Il D contraddistingue l'85% della popolazione umana. In questo caso si parla di Rh+, ossia Rh positivo, in tutti gli altri casi di Rh negativo.
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