lunedì 28 novembre 2016

La dieta primitiva


Allergie e intolleranze alimentari. Se si guarda alle nuove generazioni, sembrerebbero i (veri) mali del secolo. Prima della rivoluzione industriale c'erano pochissime persone colpite da queste malattie; oggi, invece, quasi tutti gli abitanti dei paesi occidentali vanno incontro, nel corso della loro vita, a qualche problema legato all'alimentazione. Perché? Di sicuro c'entra l'inquinamento, lo smog, i cambiamenti climatici, i pesticidi, ma più di ogni altra cosa il fenomeno ha a che vedere con le condizioni nutrizionali dell'uomo moderno che sono cambiate repentinamente, cogliendo impreparato l'organismo che, in un certo senso, non è in più in grado di differenziare ciò che è bene da quel che provoca problemi. Il caso più eclatante riguarda il latte. L'intolleranza al lattosio è un problema che riguarda il 50% degli italiani, cifra che sfiora il 100% nei paesi asiatici. Ma il problema è facilmente spiegabile: l'uomo non è "tarato" per assimilare il principale zucchero del latte, per cui, dopo lo svezzamento, sempre più persone cadono vittime di questo disagio alimentare alla base di disturbi come nausea, dissenteria, crampi allo stomaco. 

Oggi il latte, durante l'età adulta, dovrebbe essere a esclusivo appannaggio di soggetti che possiedono una particolare mutazione, avvenuta durante le prime fasi storiche dell'allevamento, in contemporanea con lo sviluppo dell'agricoltura. I popoli che vivevano a stretto contatto con bovini e caprini, hanno elaborato la capacità di assimilare il latte, ma tutti gli altri (e sono la maggior parte) non la possiedono. Le percentuali più alte si trovano in Scandinavia, dove le etnie locali si sono evolute in stretta sinergia con i produttori animali, poiché alle alte latitudini è stato necessario trovare uno stratagemma diverso per ottenere la vitamina D, scarsa dove l'irraggiamento è debole, ma abbondante nel latte. E' solo un esempio. L'intera storia del genere umano, infatti, riflette un tipo di alimentazione del tutto diversa da quella che osserviamo oggi, tenendo conto di parametri antropologici e sociali che nulla hanno a che vedere con quelli instauratesi dopo l'epopea della Mezzaluna fertile. 

Di fatto si può dire che l'uomo si sia alimentato sempre nello stesso modo, per circa due milioni di anni, a partire dalle prime forme riconducibili al genere Homo; e solo negli ultimi 10mila anni ha cambiato le sue abitudini alimentari, compromettendo in alcuni casi il normale metabolismo. La dieta seguita dal cosiddetto "uomo primitivo" (compresi i parenti più vicini all'uomo moderno, come il Neanderthal e il Denisova) viene detta "dieta paleolitica". Torna in auge per via dei tentativi di alcuni nutrizionisti di allontanarci da un'alimentazione "inconsapevole" e nociva, per ricondurci ai paradigmi alimentari che per migliaia e migliaia di anni hanno consentito il nostro sviluppo. Di cosa si tratta esattamente? La dieta paleolitica si basa sostanzialmente sui prodotti offerti dalle due tradizionali attività dell'uomo di un tempo: la caccia e la raccolta. Pertanto concerne alimenti come i semi, le bacche, il miele, le radici, qualunque tipo di frutta; ma anche prodotti di origine animale ottenuti da vermi, lumache, insetti, crostacei e naturalmente mammiferi. 

Secondo alcuni nutrizionisti questo tipo di alimentazione consentirebbe non solo di riavvicinarci alle abitudini dei nostri antenati, ma anche di contrastare i chili di troppo. E lo confermano i numerosi seguaci della dieta paleolitica, fra cui celebrità come Megan Fox e Matthew McConaughey. Alcune ricerche dicono che faccia bene anche alla salute cardiovascolare, consentendo di mantenere sotto controllo i livelli pressori; riduce inoltre le infiammazioni e migliora le funzionalità dell'epidermide. Restano tuttavia molti dubbi; di fatto i popoli più longevi della Terra, fra cui gli italiani, sono quelli che si nutrono soprattutto di prodotti cerealicoli, del tutto esclusi dalla dieta paleolitica. 

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