lunedì 19 maggio 2008
Anche per i cani "paese che vai, dialetto che trovi"
Ricercatori britannici hanno scoperto che anche i cani, per comunicare tra di loro, utilizzano un abbaio con inflessioni fonetiche peculiari, riconducibili quindi a precise aree geografiche. In pratica – spiegano gli studiosi – un cane che abita a Londra abbaia in un modo, uno che abita a Edimburgo in un altro. Paese che vai dialetto che trovi. Tale e quale avviene negli uomini! Ma come è possibile tutto ciò? Secondo gli scienziati un cucciolo di cane impara ad abbaiare lasciandosi influenzare dagli accenti del suo padrone, quindi dal suo dialetto, esattamente ciò che accade anche nei bimbi, quando imparano a parlare. È infatti ben noto, per esempio, che un piccolo nato in provincia di Vercelli pronuncia parole con una cadenza diversa da un bambino che sta imparando a esprimersi in provincia di Taranto. Dunque – puntualizzano gli esperti – per i cani è esattamente la stessa cosa. Ma mentre nell’uomo è molto semplice verificare le possibili differenti inclinazioni lessicali, negli animali, e in particolare nei cani, è cosa assai difficile, che può essere letta correttamente solo da scienziati superesperti. “Quando impariamo a parlare – commenta Jeanine Treffers-Daller, docente dell’università del West England a Bristol, adottiamo la tipologia di lingua regionale parlata dai nostri genitori. Esattamente la stessa cosa può accadere anche per gli animali”. Per arrivare a questo sorprendente risultato gli studiosi inglesi hanno coinvolto un certo numero di padroni di cani. Ad essi è stato chiesto di contattare un numero telefonico, predisposto dai ricercatori, e di lasciare registrato sulla segreteria telefonica la propria voce e quella del rispettivo cane. Così si è giunti a scoprire che un cane londinese “parla” in mondo completamente diverso da uno che abita a Milano, e in modo leggermente diverso da uno che vive in un’altra città del Regno Unito. “In particolare sembra che i cani abbiano la propensione ad imitare gli accenti più forti e marcati, piuttosto che quelli più morbidi – ha concluso Tracey Gudgeon, del Centro per il comportamento canino della Cumbria.
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