lunedì 12 maggio 2008

Repentini sbalzi di clima portano spesso a guerre

Attualmente nel mondo sono in corso 29 guerre e nei prossimi anni potranno essere molte di più. È il parere di un team di ricercatori dello University College di Londra. Gli studiosi hanno scandagliato gli eventi climatici dall’anno Mille a oggi e si sono accorti che il maggior numero di conflitti ha luogo quando si hanno dei repentini cambiamenti climatici, esattamente ciò a cui stiamo assistendo ora a causa dell’effetto serra. Quando le alterazioni del clima - il sopraggiungere di un periodo freddo o di un periodo caldo - avvengono in modo repentino, non danno la possibilità alle nazioni di prepararsi e così si verificano crisi improvvise di natura sociale, alimentare, e politica che, creando attriti tra i Paesi, generano le guerre. Oggi, spiegano i ricercatori, ci sono tecnologie molto avanzate, che potrebbero in parte rendere meno drammatico il problema, tuttavia la popolazione mondiale è drasticamente aumentata e con essa i bisogni alimentari, strettamente dipendenti dalle bizzarrie del tempo. “Basta riferirsi al recente rapporto ‘The economics of climate change’ (2006) per renderci conto che problemi di questo tipo potrebbero essere dietro l’angolo – ci racconta Gianpiero Maracchi, bioclimatologo del Cnr – una somma rilevante del Pil mondiale sarà necessaria per riparare i danni dell’effetto serra. 200 milioni di persone saranno costrette a migrare per sfuggire alla siccità e alle alluvioni. La temperatura crescerà in modo esponenziale. Sono tutti fattori che potrebbero facilmente predisporre a conflitti”. I ricercatori londinesi hanno preso come riferimento per i loro studi la cosiddetta PEG, Piccola età glaciale. È un periodo storico che va dalla metà del Trecento alla metà dell’Ottocento. In questi 5 secoli nell’emisfero boreale si assiste a un abbassamento complessivo delle temperature medie. I ghiacci raggiungono dimensioni notevoli. Gela il Tamigi e addirittura alcune aree del Mediterraneo nei pressi di Marsiglia. In particolare gli studiosi hanno verificato ciò che è accaduto in Europa tra il 1400 e il 1900 e in Cina tra l’anno Mille e il 1900. In questo arco temporale la probabilità di guerre è risultata doppia (1,94 volte in Europa, 2,24 volte in Asia) rispetto ai periodi di clima mite. “Dalla ricerca ricaviamo che i cambiamenti climatici hanno un effetto diretto sulla produzione agricola – hanno ammesso gli esperti – da qui si possono avere carestie ed epidemie, anticamera dei conflitti, e di importanti cali demografici”. Jane Zhang ha capo dello studio riporta l’esempio di ciò che accadde in Cina tra il Tredicesimo e il Quattordicesimo secolo dopo Cristo. Ci fu un’improvvisa ondata di freddo che sancì l’inizio della PEG e con essa si ebbe l’invasione dei Mongoli che dimezzò letteralmente la popolazione cinese. In Europa invece mette in relazione i cambiamenti climatici con la epidemia di peste nera, la peggiore della storia. Quest’ultima non fu che la diretta conseguenza di guerre innescatesi all’improvviso per il freddo polare che investì tutta l’Europa, disorientando popoli e nazioni: i soldati si misero in marcia per la conquista di nuove terre e così facendo diffusero il morbo ovunque. Nel 1337 scoppia una devastante guerra tra francesi e inglesi che prenderà il nome di guerra dei Cento anni: il 19 settembre del 1356 ha luogo la famosa battaglia di Poitiers. Nello stesso periodo i turchi avanzano alla conquista di quello che rimaneva dell’impero di Bisanzio, dopo aver messo mano su quasi tutte le terre dell’Asia Minore. Il caos regna anche sulla chiesa. Già indebolita dalla “cattività babilonese” dei papi ad Avignone (1309-1378) all’orizzonte si profila “il grande scisma” che si abbatte sulle autorità del clero fra il 1378 e il 1417. Tutto questo discorso può infine essere legato all’età moderna e servire come monito per il futuro. Anche in questo periodo infatti stiamo attraversando un momento climatico incerto, in cui la temperatura media – su scala globale – sembra aumentare di anno in anno. È il contrario di ciò che è avvenuto con la PEG, ma anche in questo caso c’è il serio rischio che, gli equilibri sociali, economici e politici tra i Paesi, possano venire meno per via di carestie ed epidemie, condizioni che porterebbero all’innesco di nuove guerre. “Siamo nella fase più calda del clima degli ultimi duemila anni, mentre il nostro studio ha considerato il periodo freddo della PEG – concludono gli scienziati londinesi - comunque, entrambe le situazioni, hanno effetti diretti sulla produzione di cibo, anche perché la maggior parte delle popolazioni del pianeta vive ancora di un’agricoltura su piccola scala estremamente sensibile alle variazioni climatiche. Nonostante i notevoli progressi fatti dall’uomo il rischio di conseguenze catastrofiche è ancora molto elevato”.

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