domenica 11 maggio 2008

Sorpresa, la diagnosi anticipa i sintomi

In futuro potremo prevedere con largo anticipo lo sviluppo di malattie come i tumori e la demenza semplicemente sottoponendoci a un piccolo esame del sangue tra le proprie mura domestiche. È quanto si evince da uno studio effettuato da scienziati dell’Istituto di Biologia di Seattle, diffuso sulle pagine del Guardian. Il riferimento è a un kit fai-da-te che - stando al parere di Leroy Hood, a capo della ricerca – potrebbe essere pronto entro una decina d’anni, rivoluzionando le strategie di prevenzione e cura anche delle patologie più gravi. Hood afferma che il test si basa sulla cosiddetta “impronta proteomica”. Con questo termine si indica una sorta di traccia che viene lasciata nel sangue dalle innumerevoli proteine provenienti da organi diversi. In pratica, quando determinate proteine risultano alterate, significa che si sta sviluppando una particolare malattia a carico dell’organo dalle quali derivano. In tutto ci sono una cinquantina di proteine specifiche relative a strutture anatomiche peculiari come fegato, reni, cervello, cuore. "Nel nostro organismo ci sono centinaia di migliaia di proteine e il proteomic fingerprinting (impronta proteomica) dovrebbe permettere di identificare quel piccolo gruppo di proteine che sono alterate in relazione ad una specifica malattia – ci racconta Maurizio Ferrari, Professore di Patologia Clinica all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano -. In pratica per ogni patologia si dovrebbe identificare una specie di impronta fatta da una combinazione di proteine che ci segnalino la presenza della malattia e che differisce dall'impronta del soggetto sano. Tale indagine, ora ancora a livello di ricerca, viene eseguita con metodiche complesse, quali l'elettroforesi bidimensionale e la spettrometria di massa, che permettono di separare e identificare proteine in un campione di sangue”. Secondo il team Usa l’applicazione su larga scala della proteomica è comunque dietro l’angolo: “Entro una decina d’anni prevediamo di ottenere un semplice test che, chiunque, potrà utilizzare due o tre volte all’anno: una piccola punturina sarà in grado di rivelare lo stato di salute di ogni organo – dice Hood. Questo sistema potrebbe mettere in luce malattie incurabili molto prima di quanto non sia possibile fare ora, e soprattutto prima che il male esacerbi completamente, impedendo qualsiasi intervento efficace”. Esperimenti effettuati sui topi hanno dato ragione a questa intuizione medica. Gli scienziati Usa hanno infatti infettato dei topi con BSE (Bovine Spongiform Encephalopathy, malattia universalmente nota come “morbo della mucca pazza”) - una malattia fatale del cervello, causata dai prioni – mostrando che la patologia è, almeno negli animali, diagnosticabile molto prima che compaiano i sintomi. Dai test effettuati nei laboratori dell’Istituto di Biologia di Seattle si è visto che le manifestazioni del male comparivano dopo 18 settimane, e la malattia conclamata dopo 22 settimane. Tramite l’esame del sangue invece è stato possibile prevedere la insorgenza dell’infezione appena 6 settimane dopo il contatto con i vettori della BSE. È chiaro che - ipotizzando di trattare allo stesso modo l’uomo – è possibile auspicare grandi risultati medici, tali da poter salvaguardare molte vite umane. “Senza dubbio la proteomica è un settore medico in espansione – dice Alberto Bosi, ordinario di malattie del sangue dell’università di Firenze – anche nei nostri laboratori lavoriamo sfruttando i principi della nuova tecnica. Con essa vediamo tradotte, in una forma facilmente leggibile, le alterazioni del Dna, osserviamo indirettamente il genoma e facciamo luce sui misteri di molte patologie. In ogni caso la proposta americana va presa con le pinze. Nessuno ancora può provare l’efficacia di un esame del sangue di questo tipo per ciò che riguarda molte malattie. Qui abbiamo l’esempio del morbo della mucca pazza, dove c’è coinvolto un virus; non è detto che si possa giungere agli stessi risultati operando dove magari i virus non sono nemmeno coinvolti. Oltretutto va osservato che certe malattie, con relativi danneggiamenti del Dna, insorgono all’improvviso, senza dar modo ad alcuno esame di prevedere alcunché. Infine un accenno alle tante persone ansiose per le quali una proposta di questo tipo potrebbe essere controproducente. In questo caso si verrebbe a creare una sorta di circolo vizioso tale per cui l’esame anziché rassicurare finirebbe per aggiungere ansia all’ansia”. Il team di Hood sta ora lavorando anche con altre malattie incluse il tumore alla prostata, il tumore all’ovario e un tipo di tumore cerebrale. Da qui, dunque, la speranza è quella di giungere entro breve a sviluppare un singolo test ematico in grado di segnalare l’insorgenza di malattie in 50 differenti organi o tessuti del corpo. Intanto, anche all’ospedale Hammersmith di Londra proseguono studi in questo senso. In particolare c’è Dan Agranoff che sta usando le impronte proteomiche per diagnosticare in anticipo malattie polmonari e per salvaguardare pazienti con il sistema immunitario debole, o individui che hanno subito trapianti. “Senza dubbio si tratta di una tecnica potenzialmente molto valida, tale da offrirci la seria opportunità di diagnosticare le malattie in anticipo – ha ammesso Agranoff – tuttavia va considerato anche l’aspetto etico: come ci comporteremmo con un paziente al quale abbiamo previsto una grave malattia di cui però non esiste cura?”.

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