martedì 13 maggio 2008

Comincia ad Harvard la mappatura dei neuroni

Grazie alla genomica siamo giunti a traguardi impensabili. Oggi conosciamo molti geni alla base di numerose malattie, e già si prospetta quindi di curare l’uomo geneticamente, accendendo o spegnendo determinati geni. Eppure è una scienza nuovissima. Il Progetto Genoma Umano e le ricerche di Craig Venter, titolare di Celera Genomics, azienda Usa nata nel 1998, sono da poco stati resi noti, facendoci sapere che l’uomo è composto da circa 30mila geni. Sono cifre importanti che però sbiadiscono completamente davanti all’organo più misterioso del corpo umano: il cervello. Stando infatti ai principali enti scientifici internazionali il nostro cervello possiede 100 miliardi di neuroni e molte più cellule ausiliare, dette cellule della glia, il cui scopo è nutrire e sostenere le cellule nervose per eccellenza. Per fare capire la complessità del cervello basta ricordare che un modello del cervello umano elaborato al computer può contenere centinaia di petabyte di informazioni, più o meno la capacità di immagazzinamento totale di tutti i data center Google. Alla luce di ciò appare chiaro che pensare di classificare e valutare attentamente l’attività singola di un neurone o di una sinapsi può rivelarsi un’impresa assurda, per non dire fantascientifica. Eppure c’è chi sta pensando proprio a questo. Sono gli scienziati di Harvard e del Mit di Boston, dove si è da poco concluso il primo corso universitario di “neuromica”. Ad Harvard stanno seriamente pensando di mettere a punto un diagramma di circuito del cervello umano, tramite l’impiego di strumenti hitech sofisticatissimi, in grado di convertire automaticamente i tessuti cerebrali in mappe neuronali ad alta risoluzione. Il riferimento è a uno scanner cerebrale (battezzato Atlum) che, utilizzando una la lama di un coltello particolare, consente di ottenere delle lunghe e sottili strisce di cellule cerebrali che possono essere scansionate da un microscopio elettronico. In pratica funziona come un pelapatate ed è molto più potente di qualunque altro strumento tecnologico oggi a disposizione dell’uomo, risonanza magnetica compresa. Successivamente entra in gioco un apposito programma computeristico che monta le immagini e ricostruisce in tre dimensioni il cervello, dando infine l’opportunità agli scienziati di studiare porzioni cerebrali di appena 50 nanometri di diametro (un manometro corrisponde a un milionesimo di millimetro). Il primo scopo degli studiosi Usa è dunque quello di ottenere un “connettoma”, vale a dire una mappa del cervello umano precisa e dettagliata. Secondo Jeff Lichtman, professore di biologia ad Harvard, questo traguardo “spalancherà una finestra su un universo complesso e sconfinato finora pressoché inaccessibile”. Difficile comunque dire quando potremo beneficiare di ciò, anche se – dicono gli studiosi - quasi sicuramente tra una decina d’anni saremo a buon punto. Per ora continuano i test sui topi (che andranno avanti ancora per circa 4 anni): Atlum sta infatti compiendo passi da gigante sui roditori e fra non molto, probabilmente, si passerà anche ad altri esseri viventi. Il riferimento degli scienziati sono anche gli studi compiuti da Sydney Brenner del Salk Institute. Lo scienziato ha risolto (in dieci anni) il primo progetto connettomico ufficiale, mappando il cervello di un particolare verme caratterizzato da un sistema nervoso molto rudimentale, con appena 300 neuroni. Ma quali sarebbero i vantaggi della mappatura del cervello umano? Molteplici, dicono gli studiosi. Secondo Michael Huerta, del National Institute of Mental Health, la mappa del cosiddetto “neuroma” illuminerà le ricerche neurologiche e metterà in evidenza il significato preciso dei tanti agenti chimici e delle tante molecole cerebrali che caratterizzano il cervello; di queste sappiamo infatti l’esistenza, ma non il loro ruolo e le relazioni fra esse. Lichtman vuole capire in che modo i neuroni si trasformano col trascorrere degli anni. Come e perché ogni giorno il nostro cervello brucia un numero eccezionale di cellule nervose senza essere in grado di rimpiazzarle. “Ogni cellula nervosa di un neonato è collegata ad almeno venti volte il quantitativo di neuroni a cui sarà collegato quando il piccolo sarà diventato adulto e questo è un mistero ancora insoluto – precisa lo studioso. Altri enigmi che potranno essere risolti riguardano i sogni, la coscienza, l’intelligenza, le emozioni, la memoria. Infine si potrà far luce su malattie oggi incurabili come la schizofrenia, l’autismo e le patologie neurodegenerative come l’Alzheimer e il morbo di Parkinson.

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