mercoledì 14 maggio 2008

Tredici "campioni" di mimetismo

Con la parola mimetismo gli scienziati intendono l’abilità sviluppata da alcuni animali di nascondersi dai predatori o, viceversa, di non farsi vedere da potenziali prede. In pratica l’animale in grado di mimetizzarsi presenta delle caratteristiche fisiche tali da riuscire ad essere scambiato per qualcos’altro, un altro animale (di solito più pericoloso) o un substrato naturale: nel primo caso si parla di mimetismo fanerico, nel secondo di mimetismo criptico. Dunque, ispirandoci a un servizio apparso su Airone, vediamo quali sono i 13 campioni di mimetismo. Iniziamo col re della foresta. Il leone (Pantera leo) è in grado di mimetizzarsi molto bene fra gli arbusti e le sterpaglie della savana africana. In questo modo - accompagnandosi con il suo tipico passo felpato - può avvicinarsi alla preda, per esempio una gazzella, senza essere visto. Tra i grandi mammiferi un comportamento analogo è quello della volpe rossa (Vulpes vulpes). Anche in questo caso c’è una perfetta sincronia fra le tinte del mantello del canide e quelle della tundra dell’Alaska, dove l’animale trova cibo per i suoi denti: topi e lepri. La lince (Lynx lynx), detta anche gattopardo, presenta una pelliccia grigio maculata, perfettamente assimilabile al colore della corteccia delle betulle. Le betulle spopolano nelle regioni abitate dalla lince eurasiatica, estinta in Italia da un centinaio d’anni. Rimanendo nell’ambito dei mammiferi altri campioni di mimetismo sono le lepri artiche (Lepus timidus). Questi lagomorfi si confondono perfettamente con il substrato bianco candido delle regioni polari – per esempio il nord del Canada - perennemente coperte da coltri nevose. In particolare le lepri si trasformano in palle di neve così da non essere riconosciute da predatori aggressivi come i rapaci. Nella scala evolutiva subito dopo i mammiferi troviamo i rettili e gli uccelli, i cui esempi più straordinari di mimetismo sono forniti dal diavolo spinoso dell’Australia, dai serpenti Dryophis nasuta della Cambogia, e dalla pernice bianca. Il diavolo spinoso (Moloch horridus), minuscolo rettile dell’Oceania, ha una pelle ricoperta di pungiglioni e il suo colore imita il rosso acceso delle sabbie australiane. Così facendo si muove scaltramente alla ricerca delle sue prede preferite: le formiche. I serpenti cambogiani riescono invece ad assumere la forma di liane, piante con fusto legnoso molto allungato e debole, tipiche delle foreste tropicali. La pernice bianca (Lagopus lagopus) adotta la stessa tecnica delle lepri artiche. Con le sue piume candide infatti si confonde perfettamente con il substrato nevoso, sfuggendo alla vista di volpi e aquile. Scendiamo nella scala evolutiva e arriviamo agli anfibi e ai pesci. Tra i pesci mimetici possiamo ricordare il pesce prete o lucerna (Uranoscopus scaber) in grado di nascondersi nella sabbia del suolo marino e aggredire vermi e gamberetti senza dar nell’occhio. Tra gli anfibi, le rane verdi (Rana ridibunda), che si confondono con le foglie che ricoprono stagni e acquitrini. Con questa tecnica gli anuri divorano numerose specie di insetti di cui vanno ghiotti. Infine scendiamo nelle classi più basse della scala evolutiva e incontriamo il cavalluccio pigmeo (Hyppocampus bargibanti), il ragno granchio (Thomisus onustus), le farfalle appartenenti ai generi Neuronia gigantea e Phromia rosea. I primi, lunghi appena 3 centimetri, sono in grado di assumere la stessa colorazione e forma delle gorgonie, specie particolari di coralli. I secondi, appartenenti al gruppo degli aracnidi, catturano le api mimetizzandosi su fiori color giallo acceso. Infine le farfalle del genere Neuronia – che si trovano in Cile – hanno imparato a difendersi fingendo di essere delle foglie morte; e i lepidotteri del genere Phronia – tipici del Madagascar – assumendo le sembianze di fiori secchi.

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