lunedì 12 maggio 2008

Con gli enzimi delle termiti si ricava etanolo dal mais a un costo supercompetitivo

Il problema dell’etanolo quale potenziale sostituto del petrolio è che l’energia utilizzata per produrlo risulta maggiore di quella ottenibile. Il processo che vede il passaggio da una piantagione di mais (o canna da zucchero) all’ottenimento del biocombustibile è lunga e dispendiosa, al punto che, paradossalmente, i combustibili tradizionali, potrebbero essere il danno minore. Con l’alcol etilico (altro nome dell’etanolo) vanno messi in conto vari aspetti negativi sia per l’uomo che per l’ambiente: la necessità di somministrare alte dosi di pesticidi e fertilizzanti per ottenere piantagioni rigogliose, un impiego maggiore di macchine agricole, impianti di irrigazione e trasporto del materiale vegetale superefficienti, e soprattutto l’elevato dispendio energetico necessario per distillare l’etanolo. A tal proposito vale per tutti lo studio fatto da David Pimentel della Cornell University con il collega Tad W. Patzek dell’Università della California a Berkeley. I due hanno effettuato una ricerca sui rapporti tra input e guadagno di energia nella produzione di etanolo da mais, “switchgrass” (graminacea detta volgarmente Panico verga) e biomasse di legno. I risultati non lasciano dubbi. L’etanolo dal mais richiede il 29 percento in più di energia da carburante fossile rispetto al carburante prodotto; l’etanolo da “switchgrass” il 45 percento in più; quello dalle biomasse di legno il 57 percento di più. Dunque è assai opportuno il fatto che si stanno vagliando nuove possibilità per ottenere biocombustibile sprecando meno tempo e meno energia e quindi offrendo davvero una valida alternativa ai combustibili fossili come il petrolio. La notizia giunge dai laboratori Usa del California Institute of Technology dove, un team di ricercatori, ha individuato un nuovo metodo per ottenere biocombustibile utilizzando delle sostanze naturali presenti nelle termiti, insetti cosiddetti sociali come le api e le formiche. I principi attivi selezionati sono in grado di degradare la cellulosa - composto di partenza per biocombustibili come l’etanolo, presente in tutte le piante - meglio di qualunque altro organismo vivente o tecnologia umana: “Gli organismi che naturalmente scompongono e digeriscono il materiale delle pareti delle cellule vegetali sono numerosissimi - spiega il biologo Kevin Gray, a capo del progetto -. Ma le termiti sono sicuramente le prime della lista”. I test degli scienziati si sono concentrati sulle termiti che abitano in Costarica, le quali presentano almeno mille enzimi in grado di demolire in breve tempo il polisaccaride vegetale. A questo traguardo gli scienziati sono giunti attraverso una tecnica chiamata metagenomica, scienza che ha come obbiettivo la scoperta di nuovi organismi o geni in grado di produrre combustibile, rilevare metalli e bonificare aree geografiche. Con essa hanno scandagliato il Dna delle termiti fino a individuare proteine peculiari predisposte per distruggere la cellulosa. Attualmente, grazie a questo lavoro, in una bioraffineria pilota alla periferia di Jennings, in Louisiana, gli studiosi sono già all’opera per produrre etanolo grazie alle sostanze chimiche delle termiti; mentre in altre parti del mondo, in Brasile soprattutto, l’etanolo si continua a ottenere tramite i tradizionali e macchinosi sistemi basati sull’attività di grosse centrali di raffinazione. In Europa l’attenzione è rivolta soprattutto al biodisel. In Francia e Germania nel 2003 sono state prodotte rispettivamente 730mila e 357mila tonnellate di biodiesel; in Italia siamo a quota 270mila. “È una realtà consolidata già da qualche anno – dice Dario Frascari, ricercatore presso il Dipartimento di ingegneria chimica dell’Università di Bologna – anche in virtù del fatto che in Europa i mezzi di trasporto funzionano soprattutto a diesel. In questo caso il biocombustibile si ottiene dall’olio derivante da semi di vegetali come il girasole, la rapa e la soia”.

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