giovedì 8 maggio 2008
C'è una forma di epilessia provocata da un virus
Secondo una nuova ricerca americana un particolare tipo di epilessia risulta associato a una infezione virale. Lo studio condotto da un gruppo di scienziati internazionale guidato da Steve Jacobson, dell’Istituto Nazionale di Neurologia del Maryland, ha trovato tracce del Dna del virus Herpes 6B in aree specifiche del cervello di pazienti colpiti da epilessia dei lobi temporali mesiale (MTLE), assente nel 100 percento degli individui sani analizzati. MTLE è un comune, severo, tipo di epilessia che di solito inizia in giovanissima età. Secondo gli scienziati il virus individuato infetta l’organismo nei primi anni di vita attraverso la cosiddetta infezione primaria: un contatto generico con un portatore del vettore patogeno. In seguito il virus persiste nell’organismo colpito in uno stato di quiescenza all’interno di globuli bianchi o nelle ghiandole linfatiche. Infine, al momento opportuno, torna a farsi sentire e, intaccando le aree cerebrali, può determinare lo sviluppo dell’epilessia o dell’encefalite. A questi risultati si è giunti individuando gli antigeni specifici del virus in questione negli astrociti, rappresentanti principali delle cellule della glia, parte fondamentale del sistema nervoso. Prima d’ora non si era mai pensato che l’epilessia potesse scatenarsi per colpa di un virus. Generalmente infatti si suole classificare tre tipi di epilessia, nessuno dei quali concernenti un’azione virale. Il primo, quelle delle epilessie idiomatiche, è spesso associato a una componente genetica. Il secondo riguarda le epilessie che si innescano a causa di fattori esogeni come traumi, neoplasie, ictus. Infine ci sono le epilessie criptogeniche, nelle quali si sospetta una lesione che tuttavia non è stata ritrovata. Le attuali terapie farmacologiche disponibili per trattare questo tipo di malattie risultano efficaci nell’eliminare completamente la sintomatologia nel 30 percento dei casi circa. In un terzo dei casi si è in grado di ridurre la frequenza degli attacchi. Ma per la restante parte dei malati purtroppo non c’è molto da fare. Dunque da questo studio si intende partire per individuare nuove terapie per sconfiggere l’epilessia.
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