mercoledì 7 maggio 2008

Cranio, naso, denti, gambe: ogni "pezzo" ha la sua età

Il successo dell’evoluzione darwiniana è anche e soprattutto il successo di organi e componenti anatomici che nell’arco di milioni di anni si sono mantenuti integri, non hanno subito significative variazioni fisiologiche, e continuano a fare il loro dovere perfino in organismi diversissimi fra loro. Qualche esempio? Il fegato. Compare per la prima volta 500 milioni di anni fa in animali che oggi non esistono più, ed è rimasto tale fino a oggi, la ghiandola che tutti conosciamo, fondamentale per il metabolismo alimentare, in particolare per la digestione dei grassi: il fegato funziona nell’uomo, ma anche nella giraffa, nel tapiro, nell’ornitorinco, negli invertebrati inferiori. Eppure l’organo epatico non è il più antico organo presente nel corpo umano. Prima di lui è comparsa la notocorda. Siamo in pieno Cambriano e nelle acque degli oceani si aggirano creature strane che rispondono al nome di Pikaia: sono organismi nastriformi, compressi lateralmente, lunghi circa 5 centimetri. Questi animali presentano, per la prima volta nella storia evolutiva delle specie viventi, una struttura flessibile a forma di tubo che si riscontra ancora oggi in tutti gli embrioni dei cordati: è l’anticipo della colonna vertebrale, un successo evolutivo che dura da almeno 540 milioni di anni. Sempre nel Cambriano, intorno ai 500 milioni di anni fa, compaiono, più o meno contemporaneamente, il cranio, il cuore, l’intestino, gli occhi e le ovaie. Nel Devoniano, periodo successivo all’Ordoviciano e al Siluriano in cui non si sono avuti significativi cambiamenti sul piano evolutivo, nei mari compaiono - dopo l’epopea degli agnati, i più antichi vertebrati della storia - i selaci, pesci come le razze e gli squali. Con i selaci fanno il loro ingresso nella evoluzione dei vertebrati la mascella e la mandibola e quindi l’organo boccale. Ancestralmente bocca e ano costituivano un tutt’uno - circostanza che si mantiene ancora oggi in vari animali come le meduse - ma dal Devoniano in poi la sopravvivenza può essere garantita solo da un organo masticatorio a tutti gli effetti, ben differenziato da quello escretore. Passano gli anni e l’evoluzione porta alla conquista della terraferma. La vita nei mari è ben diversa da quella riscontrabile tra rocce, sabbie e cespugli soggetti a pressioni e temperature sconosciute. Fanno così la loro comparsa gli arti, le orecchie, e soprattutto i polmoni. 360 milioni di anni fa abbiamo l’esplosione del Carbonifero e con gli anfibi si ha il primo abbozzo polmonare. Respirare l’ossigeno direttamente dall’aria si conferma una scelta evolutiva vincente, tanto che l’evoluzione d’ora in poi si muoverà soprattutto in questa direzione. Dopo gli anfibi arrivano i rettili (tra cui i dinosauri) che respirano solo con i polmoni e infine i mammiferi. Tra i 200 e 100 milioni di anni fa compaiono i capezzoli e gli ossicini dell’orecchio. 70 milioni di anni fa (manca poco all’estinzione di massa del Cretaceo in cui scomparvero il 76 percento delle specie viventi) è la volta del pollice opponibile, alla base della manualità dei primati. E siamo agli albori del genere umano. 7 milioni di anni fa il bacino di alcuni primati diviene più ampio, si sviluppano l’arco plantare, le labbra, e le mammelle. L’uomo è ormai dietro l’angolo, l’apice dell’evoluzione darwiniana: in realtà, come abbiamo visto, la somma dei tanti tentativi riusciti dei nostri progenitori per stare al passo coi tempi.

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