venerdì 9 maggio 2008
Dal negozio-persona al salva-inutilità, così il cervello ci spinge a spendere
Perché quando andiamo a far compere, in occasione dei saldi, pensiamo sia l’occasione buona per risparmiare un po’ e invece finiamo quasi sempre per spendere più di quanto c’eravamo prefissi? La risposta arriva dall’americano Robert Meyer della università della Pennsylvania. Lo studioso ha innanzitutto condotto un esperimento per chiarire i meccanismi alla base di questo fenomeno. Meyer ha indotto un gruppo di volontari a fare compere virtuali tramite pc. Da ciò è emerso che, la maggior parte delle persone, innanzi alla possibilità di acquistare capi scontati, finisce col comprare molto di più di quanto gli sia realmente necessario. In pratica, gli basta vedere che un certo capo costa il 20-30 percento in meno, per mettere in moto un meccanismo mentale tale per cui si finisce col portare a casa vestiti (o altri prodotti) che, verosimilmente, non servono a nulla. E il risultato è quindi che si sborsa più quanto si spenderebbe andando a fare acquisti in un periodo in cui non ci sono saldi. Sono tre le spiegazioni di questo fenomeno. La prima riguarda la cosiddetta “contabilità mentale”. Con essa indichiamo il fatto che il nostro cervello giustifica gli acquisti inutili nel momento in cui è consapevole di avere risparmiato su un certo prodotto. In secondo luogo parliamo di “emozione generalizzata”. Con questo concetto riflettiamo sul fatto che, senza saperlo, l’atmosfera euforica che di solito accompagna l’uscita per i saldi – luci, musiche, vetrine colorate - ci contagia al punto di farci “perdere la ragione”. Infine si parla di “attribuzione” per indicare il caso in cui l’eccesso di spese è il risultato di una forzatura di sentimenti irrazionali che a livello di subconscio “trasformano” il negozio in un individuo in carne ed ossa. Quando c’è da preoccuparsi? Quando le spese inutili cominciano a pesare gravemente sul bilancio famigliare. In tal caso subentra una vera e propria patologia che è lo shopping compulsivo. In pratica chi ne è affetto non è più in grado di comprendere quando è arrivato il momento di dire stop agli acquisti: si va avanti senza freno portandosi a casa vestiti, scarpe e gadget che probabilmente non si utilizzeranno mai. Gli studiosi dicono che in Italia lo shopping compulsino riguarda una percentuale compresa tra l’1 e l’8 percento. Spesso il disturbo è secondario ad altre malattie come la depressione, l’ansia, i disturbi dell’umore, la schizofrenia e perfino la demenza. La sua origine viene spesso fatta risalire a problematiche evolutive, soprattutto radicate nell’educazione genitoriale, troppo permissiva o, al contrario, iperprotettiva.
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