L’essere troppo distratti a volte può giocare brutti scherzi. Si dimenticano le cose, non si compiono bene i lavori che ci sono stati assegnati, si perde del tempo prezioso. Ma ora una pillola di nuova generazione promette di risolvere l’eccessiva distrazione e insieme anche di curare alcune malattie neurodegenerative come la demenza senile. Il merito va a una classe di molecole conosciute come ampachine, dalle quali è stato recentemente sintetizzato un nuovo miracoloso principio attivo: la sua sigla è CX717. Quest’ultimo ha la capacità di stimolare l’attività del glutammato, un neurotrasmettitore importante per la memoria, senza gli effetti collaterali imperstimolanti delle sostanze attualmente in uso. (Il glutammato monosodico è un sale dell’acido glutammico, uno dei 20 amminoacidi componenti le proteine. È presente nel cervello ed è implicato nelle attività concernenti l’essere sbadati e la smemoratezza). In particolare le ampachine sono state studiate da Julia Boyle, presso il centro di ricerca del sonno della università del Surrey, e i suoi risultati sono stati pubblicati sulla rivista “New Scientist”. La studiosa dice che la loro azione non ha nulla a che vedere con gli stimolanti fisici come le anfetamine e che quindi potrebbero essere potenzialmente prescritte a chiunque. In particolare, lo scopritore delle ampachine, Gary Lynch della università della California a Irvine, dice che il principio attivo isolato risulterà utilissimo per chi è troppo distratto e per chi lotta contro malattie del cervello come l’Alzheimer. I test condotti a livello preliminare su un gruppo di volontari maschi tra i 15 ei 48 anni hanno dato ottimi risultati. La medicina a base di CX717 ha in particolare dimostrato di favorire il “dialogo” tra i neuroni, specialmente di quelli legati alla disattenzione. Samuel Deadwyler, della Wake Forest University ha ammesso che “il nuovo medicinale aumenta l’abilità di alcune aree che si attivano quando si è privi di sonno. In futuro sarà dunque possibile usare le ampachine anche per rafforzare alcuni deficit cognitivi, come quelli tipici delle malattie neurodegenerative, degli ictus o di altre forme di demenza”. Gli scienziati concludono affermando che per il momento è presto per cantare vittoria, ma di sicuro una nuova strada verso la cura dei disturbi cognitivi è stata aperta.
(Pubblicato su Libero il 30 dicembre 06)
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