martedì 6 maggio 2008
Effetto serra, segnalati nel Pacifico i primi profughi ambientali
I primi profughi ambientali della storia dell’uomo sono 2mila isolani della Papua Nuova Guinea, zona oceanica del Sud del Pacifico. Recentemente hanno lasciato le loro case situate sulle isole Carteret, e si sono trasferiti a 4 ore di navigazione di distanza, su un’isola molto più sicura di nome Bougainville. Da 20 anni a questa parte hanno cercato in tutti i modi di salvaguardare la propria terra, ma invano: anche le alte barriere di mangrovie non sono servite a nulla. Il mare cresce incessantemente da decenni e ora la situazione per questi atolli è precipitata. Due sono i problemi maggiori riscontrati sulle isole Carteret dagli anni Ottanta a oggi: la difficoltà a coltivare e le periodiche inondazioni delle case. I raccolti si perdono a causa delle acque che inzuppano i terreni facendo marcire piante e semi, le case vengono distrutte dagli allagamenti. “Vogliamo agire in maniera sistematica, piuttosto che con una reazione impulsiva. Il programma integrato prevede accordi con i proprietari di piantagioni e di altri terreni, con cui sono state identificate località adatte per coloni provenienti dalle Carteret e da altri atolli – ha spiegato il vice amministratore del governo autonomo di Bougainville, Raymond Masono. Stessa sorte toccherà agli atolli Mortlock, Fead e Tasman, sempre a Papua Nuova Guinea. Anche qui – dove abitano almeno 3mila persone - la battaglia contro l’innalzamento marino è ormai persa. Secondo gli studiosi le speranze di sopravvivere oggi su degli atolli sono minime. Stando alle previsioni scientifiche più attendibili entro il 2015 non ci sarà più traccia di atollo. Sotto accusa di nuovo l’effetto serra. Il surriscaldamento globale è alla base dell’innalzamento del livello marino. I ghiacciai si sciolgono e progressivamente determinano la crescita smodata delle acque. Per ora il fenomeno riguarda solo alcuni atolli del Pacifico, ma c’è già chi prevede che entro la fine del secolo verranno coinvolte anche molte altre aree, alcune densamente abitate. Le conseguenze si ciò si possono solo immaginare. Si avrebbero l’inondazione permanente di centinaia di chilometri quadrati di costa bassa tra l’oceano Atlantico e la costa del golfo negli Stati Uniti; più di 90 milioni di senzatetto in Cina, Bangladesh ed Egitto; costose misure di ingegneria in città come Tokyo, Venezia, New York, Miami e San Pietroburgo.
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