venerdì 9 maggio 2008
Il bel Danubio blu a un tiro di schioppo
I primi a parlarne furono alcuni gesuiti che abitavano i monasteri della Europa centro orientale nel 1600. Secondo questi Padri sarebbe stato idealmente possibile creare un’unica via fluviale che collegasse il Danubio, al Mar Adriatico: in questo modo il baricentro dei commerci mondiali, spostatosi drasticamente a occidente, dopo la scoperta della America, avrebbe nuovamente guardato a Est. Naturalmente l’impresa non fu mai realizzata, poiché nessuno aveva i mezzi per sviluppare una simile opera. Oggi però le cose sono cambiate. Sono passati più di 400 anni da allora, e ancora una volta la avveniristica proposta dei religiosi della Compagnia di Gesù del ‘600 torna attuale. Ad affrontare l’argomento (dall’inizio degli anni Ottanta) sono soprattutto gli studiosi del Consorzio CIS-E del Politecnico di Milano, capeggiati dall’illustre professor Antonio Migliacci. Recentemente ci sono stati due importanti incontri in cui si è parlato di quello che viene ormai comunemente definito come il cosiddetto “Progetto Adriatico”: se ne è discusso a Milano in occasione degli ottanta anni della Scuola F.lli Pesenti, e a Roma, al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. “La realizzazione di una rete fluviale artificiale di questa portata potrà vedere la luce solo con le future generazioni – dice Paola Ronca, professore ordinario di Tecnica delle costruzioni del Politecnico di Milano - tuttavia oggi abbiamo già concluso gli studi preliminari e ci accingiamo a ricevere ulteriori finanziamenti per portare avanti il progetto”. Ma in cosa consiste esattamente il “Progetto Adriatico”? Secondo gli studiosi del Politecnico meneghino l’opera prevede un lungo canale fluviale che da Nord, più meno all’altezza di Bratislava, scivola verso il meridione d’Europa, alle porte di Trieste. Questi sarebbero i due capisaldi dell’idrovia: da una parte abbiamo le acque del Danubio, dall’altra quelle del Mar Adriatico. Il tracciato ottimale - basato su aspetti di natura geopolitica e tecnologica (ricordiamoci che alcuni paesi dell’est europeo prima di pensare all’ipotesi di navigare i fiumi, devono ancora sistemare le strade, e che alcuni, come la Croazia, non fanno ancora parte dell’UE) - coinvolgerebbe varie nazioni fra cui Italia, Slovenia, Croazia, Ungheria, e Slovacchia. In ogni caso, secondo le consolidate linee guida del progetto, il canale dovrebbe svilupparsi in parte a cielo aperto e in parte al di sotto delle montagne del Carso. In particolare il tunnel sotterraneo navigabile prenderebbe il via da Trieste, situata a 5 metri sul livello del mare, e terminerebbe la sua corsa in Croazia, presso Krka (Valle di Novo), posta a 140 metri sul livello del mare: per superare questo dislivello verrebbero impiegati sofisticati sistemi ingegneristici (impianti a fune) già in uso in Germania lungo l’Elbe-Seiten-Kanal e in Cina, in prossimità dello sbarramento delle Tre Gole. Da questo punto l’idrovia procederebbe come un tradizionale canale verso Zagabria, le alture della Bilogora (Croazia settentrionale), per poi sboccare nel Danubio vicino a Bratislava. I vantaggi del “Progetto Adriatico”? Molteplici. Si avrebbero eccezionali risparmi in termini di tempo e quindi economici, e in termini di sostenibilità ambientale. Una nave che oggi salpa da Rotterdam deve percorre 3300 chilometri prima di raggiungere l’imbocco del Canale di Suez e navigare verso l’oceano Indiano: ci vogliono in media 15 giorni. Con il “Progetto Adriatico” questa distanza si ridurrebbe a 1720 chilometri, vale a dire la metà. “Il risparmio economico affiancherebbe inoltre il processo di rivitalizzazione dell’Adriatico – spiega Ronca – attualmente il mare che divide l’Italia dai paesi della ex Jugoslavia è destinato a perdere sempre più importanza dal punto di vista commerciale, isolato com’è dalle rotte verso l’oceano Indiano. Con questo progetto invece i suoi porti tornerebbero ad avere un ruolo prioritario nell’economia mondiale”. Infine va ricordato che a questo straordinario programma di sviluppo va collegato anche quello concernente l’ipotesi di mettere in relazione, tramite canali fluviali, la città di Milano e l’intera pianura Padana con il mar Adriatico. In tal caso a beneficiare quindi del “Progetto Adriatico” non sarebbero solo le navi che dal nord Europa devo raggiungere l’Estremo Oriente, ma anche molte zone della nostra penisola tradizionalmente escluse dal mercato fluviale-marittimo.
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